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Se nasci a duecento metri da San Siro hai il destino tracciato: puoi scegliere di assecondarlo (come calciatore o fantino), o puoi accelerarne il corso irridendo tutti in contropiede a cominciare dal tempo, che corre a una velocità smisurata accendendo i ricordi senza mutarne l’essenza. Sono da sempre fuori dal tempo anche i ricordi di Maurizio Iorio, raccontati in questo libro con l’anarchia gioiosa d’un contrappunto musicale. Ricordi che finiscono per appartenere, beffardi, a un eterno presente. Il bambino che sognava le luci a San Siro, il ragazzo che saettava in dribbling tra Liedholm e Bagnoli, l’uomo che volava in acrobazia sulla sabbia del beach soccer hanno un elemento in comune che azzera ogni distanza anagrafica: il rapporto con la palla, un rapporto simbiotico che è fonte continua d’ispirazione. Maurizio ha sempre offerto il meglio di sé quando ha potuto esprimere la propria energia accanto a uomini che avessero uno spessore etico indipendente dal carisma calcistico. Poi è toccato a lui, fantasioso architetto d’eventi, vestire i panni del pifferaio di Hamelin per creare attorno al beach soccer una sarabanda di gioiose sfide per i calciatori, di poderosi ritorni d’immagine per le località che ospitavano le tappe dell’Italia Beach Soccer Tour e di straordinari momenti d’aggregazione per il pubblico.
ANTEPRIMA SFOGLIABILE
Intervista a Maurizio Iorio su TeleNorba (pt. 1)
2:59 / 8:29 Intervista a Maurizio Iorio su TeleNorba (pt. 2)
0:14 / 11:37 Intervista a Maurizio Iorio su TeleNorba (pt. 3)
Se nasci a duecento metri da San Siro hai il destino tracciato: puoi scegliere di assecondarlo (calciatore o fantino), o puoi accelerarne il corso irridendo tutti in contropiede a cominciare dal tempo, che non passa ma corre, e lo fa a una velocità smisurata accendendo i ricordi, anche quelli in accelerazione, senza mutarne l’essenza. Sono da sempre fuori dal tempo anche i ricordi di Maurizio Iorio, raccontati in questo libro con l’anarchia gioiosa d’un contrappunto musicale. Ricordi che finiscono per appartenere, beffardi, a un eterno presente. Il bambino che sognava le luci a San Siro, il ragazzo che saettava in dribbling tra Liedholm e Bagnoli, l’uomo che volava in acrobazia sulla sabbia del beach soccer hanno un elemento in comune che azzera ogni distanza anagrafica: il rapporto con la palla, un rapporto simbiotico che è fonte continua d’ispirazione. Una finta, un tocco felpato di collo piede, la palla che passa tra le caviglie del portiere “come una goccia d’acqua che scivola tra le dita”. L’immagine è di Osvaldo Soriano ma il gol (in fotocopia) è di Maurizio, scelto a florilegio tra i tanti che hanno scandito la sua storia di funambolo. Dire quando, o dire dove, non ha più importanza. Su un prato vicino a casa forse, dove l’ombra di San Siro s’allunga sotto il sole, oppure a Foggia nel catino rovente dello “Zaccheria”, o a Roma tra le stelle filanti dell’Olimpico, o persino a Verona, ad animare con Nanu Galderisi la leggenda dei “Puffi al tritolo”. Ogni storia di calcio cerca spazio nella memoria, ma la memoria è così piena di altre storie da illudere ogni tentativo di affidare all’archivio piccoli gesti irripetibili. Da un piccolo gesto, o da una “piccola idea”, come la chiama Maurizio, è nato l’effetto valanga d’una palla sempre in cerca d’ispirazione, finita a rimbalzo dal verde smeraldo di un prato ai riflessi dorati di un’Arena sabbiosa. Il piedino prensile inventa un rapporto nuovo, ogni tocco è una carezza, non c’è più la barriera del cuoio, tra palla e pelle prende vita un amore tattile che cambia di colpo anche l’assetto della biomeccanica. Il calciatore scopre all’improvviso l’altro da sé che gli vive accanto. Si toglie le scarpe bullonate con la stessa solare improntitudine con cui il guerriero si libera della corazza. La nudità del piede gli regala il piacere d’una magia ancestrale, nascono in acrobazia gesti di teatrale regalità, il calciatore che diventa beacher recita con la palla uno spartito inedito, un contrappunto di sublimi anarchie. Un’anarchia sottaciuta, però di fondo, e proprio per questo imperscrutabile, è stata l’orgogliosa compagna di strada di Maurizio durante l’arco intero della carriera. Liberato da ogni forma di costrizione, fuori moda o ben oltre la moda, (“pelliccia di lupo e capelli al vento”, così lo descriveva la vena fragile dei moralisti d’antan) Maurizio ha offerto il meglio di sé quando ha potuto esprimere la propria energia, quella solare e quella imprigionata nei muscoli, accanto a uomini che avessero uno spessore etico indipendente dal carisma calcistico. Non è affatto casuale il rapporto di affetto e di stima testimoniato a Enrico Catuzzi e Osvaldo Bagnoli, tecnici che un po’ gli somigliavano, sempre tenacemente fuori dagli schemi della consuetudine. Ma talmente fuori dalla consuetudine è il beach soccer, per i parametri abituali del calcio d’oggi, da lasciare intendere che proprio questa sua disarticolata armonia abbia rappresentato per Maurizio un elemento di fascino ulteriore. Poi è toccato a lui, fantasioso architetto d’eventi, vestire i panni del pifferaio di Hamelin per creare attorno al beach soccer una sarabanda di gioiose sfide per i calciatori, di rientri poderosi d’immagine per le località, di momenti straordinari di aggregazione per il pubblico. Con una chiave di lettura inalienabile: l’entusiasmo, la capacità visionaria di partire da una “piccola idea” per attingere a un serbatoio mai in riserva, quello delle emozioni.