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Questo libro non è un’autobiografia. Mauro Mazza, già direttore del Tg2 e di RaiUno, entra dalla porticina dei ricordi ma subito si ritrae, non appena percepisce di essere a un passo dall’invasione non autorizzata. Chi scrive è testimone, osservatore privilegiato, mai protagonista degli eventi cui si trova ad assistere o che deve raccontare. Oggigiorno, la tv ha creato figure ibride e ben strane: conduttori che si considerano investiti di missioni pedagogiche e salvifiche; giornalisti che confondono i loro compiti con quelli dei politici o - durante la pandemia - degli scienziati. Il sonno della ragione (e quello della televisione) ha generato mostri che nuocciono gravemente alla salute. È bene conoscerli, riconoscerli e cambiare canale immediatamente. “Per il mio benessere mentale e spirituale credo di avere individuato alcune uscite di sicurezza” - confida Mazza al lettore - “oltre le quali ritrovo un senso e un perché. Mi pare una bella impresa. Prima di consegnare queste pagine all’editore ho riletto i pensieri, le parole e le (poche, davvero) omissioni scritte nell’arco di un anno passato così in fretta. Vi ho ritrovato il gusto di sensazioni che, senza questi appunti, sarebbero finite nel dimenticatoio o in un angolino remoto della memoria”. E che, invece, hanno dato forma a questo racconto scandito in quattro stagioni. Sì, esatto, proprio come una pizza. O come la vita.
ANTEPRIMA SFOGLIABILE
Intervista a Mauro Mazza a Radio Rete 2000 - 21/03/2023
(dall’introduzione dell’autore) Uscite di sicurezza non è un’autobiografia. Il grande Piero Buscaroli – riferimento per molti ragazzi della generazione di Mauro Mazza – ha ricordato una frase di Giuseppe Prezzolini: «L’autobiografia è l’ultimo dei generi letterari, sorge quando si finisce per pensare a sé stessi, l’egoismo dei vecchi non è un vizio, è un’autodifesa come l’incoscienza dei bambini». Uscite di sicurezza non è nemmeno un diario. “Non ho mai tenuto un diario – confida Mazza, classe 1955, giornalista, saggista e scrittore, già direttore del Tg2, di Rai Uno e di Rai Sport –, ho preso sempre molti appunti, in foglietti sparsi e mai recuperati né raccolti. Scrivevo note per convegni o saggi da preparare, annotavo pensieri che letture interessanti mi sollecitavano. Ma poi il disordine di giornate intensamente caotiche travolgeva ogni cosa, inesorabilmente. Stavolta è diverso, sono stato aiutato dall’assenza di quotidiani impegni da onorare e dalla vita lenta del piccolo centro in cui ho scelto di vivere quel che mi resta. Se ripenso alle cose fatte e alle persone incontrate, ai luoghi visitati e alle esperienze vissute, devo ammettere di essere stato fortunato. Qualche eco la ritroverete nelle pagine che seguono, spero senza annoiare chi vorrà leggerle. Per questo ho cercato di limitare al minimo le incursioni personali, resistendo alla tentazione di piazzare la mia persona al centro dei racconti. Ho sempre considerato inelegante e inopportuno immaginare sé stessi come il cuore e il motore di tutto quel che gira attorno. Vale per gli eventi come per gli incontri. Anche oggi, quando capita, rispondo volentieri alle domande che mi vengono poste – per lo più curiosità su vicende e personaggi in cui mi sono imbattuto – ma non sono mai io a prendere l’iniziativa. Di più. Trovo di cattivo gusto chi vive e si manifesta al prossimo come fosse l’ombelico del mondo, con tutti gli altri a far da corona”. Nelle riflessioni che si propongono, l’autore entra dalla porticina dei ricordi ma subito si ritrae, non appena percepisce di essere a un passo dall’invasione non autorizzata. Sono le cose che parlano, è la vita che scorre. Chi scrive è testimone, osservatore privilegiato, mai protagonista degli eventi cui si trova ad assistere o che deve raccontare. Certo, oggigiorno, la tv ha creato figure ibride e ben strane: conduttori che si considerano investiti di missioni pedagogiche e salvifiche; giornalisti che confondono i loro compiti con quelli dei politici o – durante la pandemia – degli scienziati. Il sonno della ragione (e quello della televisione) ha generato mostri che nuocciono gravemente alla salute. È bene conoscerli, riconoscerli e cambiare canale immediatamente. “Per il mio benessere mentale e spirituale credo di avere individuato alcune uscite di sicurezza – confida Mazza al lettore –, oltre le quali ritrovo un senso e un perché. Mi pare una bella impresa. Prima di consegnare queste pagine all’editore ho riletto i pensieri, le parole e le (poche, davvero) omissioni scritte nell’arco di un anno passato così in fretta. Vi ho ritrovato il gusto di sensazioni che, senza questi appunti, sarebbero finite nel dimenticatoio o in un angolino remoto della memoria. E che, invece, hanno dato forma a questo racconto scandito in quattro stagioni. Sì, esatto, proprio come una pizza. O come la vita”.