Ceramica e arti decorative del 900, riconosciuta dall’ANVUR come rivista scientifica per le aree 08 (Architettura) e 10 (Scienze storico-artistiche), è una pubblicazione a cadenza semestrale che dal 2018 si propone di raccogliere saggi, contributi e recensioni sui temi delle arti decorative/applicate/industriali del Novecento. L’obbiettivo è quello di riunire e rendere confrontabili ricerche provenienti da diversi ambiti scientifici e sollecitare sovrapposizioni e contaminazioni di approccio per il racconto e l’interpretazione del rapporto tra cultura del progetto e produzione nelle sue diverse accezioni di artigianato e industria e delle relazioni che intessono con lo spazio, la ricerca formale e visiva, la comunicazione, la ricezione e fortuna critica, i quadri economici e sociali, le fortune espositive, critiche e di mercato.
ANTEPRIMA SFOGLIABILE
Il numero si apre con l’importante editoriale di Valerio Terraroli Le arti decorative moderne: queste sconosciute, che propone l’istituzione di un museo virtuale dedicato alle arti decorative moderne e sostiene la necessità di rafforzare l’offerta formativa in questo settore degli atenei italiani.
Il saggio Carretti siciliani: dal folclore all’arte e al design mostra che i carretti, espressione di una importante cultura artistica popolare, patrimonio delle genti siciliane, ha influenzato produzioni artistiche industriali e artigianali e perfino il design contemporaneo. Nel saggio vengono analizzati tre casi: la serie di mobili di Ernesto Basile, prodotta da Ducrot intorno al 1906 e alcune realizzazioni di Ducrot e altri della metà degli anni Venti; un gruppo di arredi realizzati negli anni Venti-Trenta, nello stile dei carretti catanesi; le sfolgoranti creazioni contemporanee (elettrodomestici, complementi di arredo, mobili) degli stilisti Dolce e Gabbana.
Il saggio Arredi di carta: i disegni per mobili della manifattura Lenci affronta una particolare produzione della manifattura Lenci, fondata a Torino nel 1919 da Elena König e dal marito Enrico Scavini, che si specializzò nella creazione di pupazzi e bambole in stoffa colorata, giocattoli in legno, capi di vestiario e articoli di moda, affiancando a questi anche una più ristretta produzione di mobili per camere di bambini e decorazioni per l’arredamento, progettati dai principali artisti chiamati nel corso degli anni a collaborare con la ditta. Il contributo analizza le invenzioni di Gigi Chessa, Mario Sturani e Giuseppe Porcheddu attraverso un corpus di disegni e di progetti tecnici conservati presso una collezione privata torinese, che consentono di mettere in evidenza la compresenza all’interno del repertorio Lenci di diversi orientamenti stilistici, partendo da arredi ispirati a forme e modelli del passato per arrivare alle sperimentazioni più vicine alle novità del Déco internazionale, fino a giungere alla tipica produzione in stile Lenci, caratterizzata da colori brillanti, forme originali e riferimenti iconografici desunti dal mondo delle fiabe e dell’infanzia.
Il saggio Il “magazzino delle idee” di Pietro Chiesa: oggetti «romantici» e «divertimenti» prende spunto da un testo che Gio Ponti pubblica nel 1949 per descrive la poliedrica attività di Pietro Chiesa (1892-1948), amico e sodale di lunga data, con lui direttore artistico di Fontana Arte. I «romantici» e i «divertimenti» sono, infatti, per Ponti oggetti nei quali l’esuberanza della fantasia di Chiesa gli concede esplorazioni in altre epoche o briosi giochi ironici. L’espressione “magazzino delle idee”, vergata da Chiesa in alcuni fogli nei quali annota e imprigiona idee fuggenti da vagliare e semmai sviluppare, vale a ricordare la molteplicità di spunti che compone il suo bagaglio visivo e creativo e che trova riscontro in particolare nei «romantici» e nei «divertimenti»: dagli oggetti d’ogni epoca e provenienza della sua eterogenea collezione d’arte (compresi quelli dell’Ottocento romantico) agli incontri con artisti contemporanei italiani e internazionali (tra i quali i surrealisti). Proponendo una selezione di esempi, il testo mira a dimostrare come nei «romantici» e nei «divertimenti» il procedimento creativo di Chiesa non segua schemi o principi programmatici, ma si affidi all’innamoramento per una forma o una materia e al divertimento della creazione, senza mai dimenticare il rigore e la serietà necessarie alla perfetta esecuzione: tutti elementi indispensabili per raggiungere quelle che lui stesso aveva definito le «gioie dell’arte che non può essere costretta in una formula».
Il saggio Xanti Shawinsky e lo Studio Boggeri. Le commesse triestine del 1934-35 presenta, per la prima volta in modo organico, i lavori realizzati da Xanti Shawinsky per committenze triestine tra i primi mesi del 1934 e il 1935. L’artista in questo periodo lavora per lo Studio Boggeri di Milano, il più innovativo e aggiornato del paese, che gli affida gli incarichi presi in esame su queste pagine che vanno dalla realizzazione di bozzetti per copertine e manifesti allo studio e alla progettazione di logotipi aziendali e complesse realizzazioni meccaniche. I clienti dello Studio sono in questa occasione: l’Ufficio Stampa del Lloyd Triestino e la Illy Caffè.
Il saggio La parabola dell’Apem racconta come, negli anni della ricostruzione il grande magazzino milanese La Rinascente si faccia promotore con il contributo di Gio Ponti di una società a sostegno dell’artigianato italiano per favorirne l’esportazione, rimettendo le arti applicate al centro del dibattito di quegli anni sia nelle riviste pontiane sia alla Triennale dove Apem (Artigianato Produzione Esportazione Milano) partecipa nel 1947. L’Apem avrà una vita breve e l’obiettivo prefissato non sarà raggiunto; nondimeno in quel periodo l’architetto milanese coinvolse nell’iniziativa diversi artisti e ceramisti, oltre ai migliori artigiani, con i quali realizzò egli stesso alcuni oggetti. Il saggio è una sistematizzazione, fatta a partire dalle poche fonti disponibili e dallo spoglio delle riviste di settore, funzionale alla ricostruzione della storia dell’Apem, inserita nel più ampio contesto italiano del piano Marshall con società affini come la Cna (Compagnia nazionale artigiana) o l’Enapi. A latere emerge come La Rinascente, dall’immediato dopoguerra fino alla fondazione del premio Compasso d’Oro nei primi anni Cinquanta, abbia giocato un ruolo chiave nella cultura progettuale del design italiano segnandone alcuni passaggi fondamentali.
Lo scritto Bambole che passano su bambole che restano celebra i cinquant’anni della seduta morbida “Le Bambole”, della quale B&B propone una riedizione a firma del suo autore originario, Mario Bellini. Il breve saggio si interroga sui cambiamenti di significato di un oggetto nato nell’effervescente contesto della controcultura degli anni Settanta e ripresentato oggi come uno dei personaggi nella recita del Made in Italy, anche attraverso i cambi di registri visivi utilizzati per la sua comunicazione/promozione.
Il saggio Il contributo dell’Istituto d’Arte Zileri di Roma al rinnovamento del gusto nelle arti decorative italiane fra il 1948 e il 1951 riflette sul contributo offerto dalle scuole a indirizzo artigiano al rinnovamento dei repertori e del gusto nelle arti decorative italiane, nella fase che va dall’immediato secondo dopoguerra sino all’affermazione dell’industrial design. La vicenda di questa scuola privata femminile, aperta dalle Orsoline Parmensi del Sacro Cuore e specializzata in lavorazioni tessili e del cuoio, appare piuttosto significativa per la qualità degli insegnamenti impartiti alle studentesse. Parte del merito spetta al pittore Toti Scialoja, direttore della scuola fino al 1950, e a un corpo insegnante molto selezionato, comprendente rinomate artiste e/o artigiane come Bice Lazzari (la quale allora stava iniziando ad affermarsi come pittrice astratta), Maria Marino e Marcella Toppi. Una mostra di fine anno ospitata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, nell’estate del 1950, testimonia il modo in cui le studentesse avevano saputo sviluppare una sensibilità moderna in campo artistico, abbracciando un linguaggio non referenziale. Allo stesso tempo, le recensioni della mostra documentano la ricezione dei loro lavori, dando conto parimenti delle polemiche suscitate a quel tempo dall’arte astratta. Questo evento e la partecipazione della scuola alla IX Triennale di Milano nel 1951 rivelano sia il riconoscimento di cui godeva lo Zileri da parte di due delle più prestigiose istituzioni attive in Italia in supporto della ricerca artistica contemporanea, sia l’attenzione di queste realtà per le nuove generazioni in formazione.
Completano il numero le recensioni: “Vincenzo Profetto, Antonino Lo Cascio, Ceramica Florio dalle origini al collezionismo”, “Nino Caruso. Chiosa a margine della prima retrospettiva italiana”, “Sonia Delaunay. Sguardo su un’interprete delle arti del Novecento”, “Futurismo. La nascita dell’avanguardia, 1910-1915”, “Pietro Cascella inedito. Le opere degli esordi a Roma, 1938-1961”, “Glasstress 2022. State of mind. Vetro e arte contemporanea durante la 59° Biennale d’Arte di Venezia”, “Galileo Chini, Ceramiche tra liberty e déco”, “Augusto Chini. Retrospettiva proiettiva”, “Venini Luce: 1921-1985”, “Universo Parisi - I vetri e le ceramiche di Ico e Luisa”, “Donne in Equilibrio 1935-1965 al Museo Salvatore Ferragamo”.