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Reperti archeologici, toponimi e tradizione ci permettono di ricostruire le vicissitudini degli antichi luoghi sacri dei Cenomani, cioè dei Celti che s’installarono tra l’Adige e l’Oglio. Le proponiamo agli appassionati, seguendo un criterio cronologico, ma anche geografico. Dopo aver analizzato le relazioni tra i Cenomani e i Camuni, presenti già da millenni, si ricordano le divinità del Bresciano, che i Romani chiamarono Ercole o Vulcano e si cerca di capire il motivo della grande importanza attribuita a Mercurio. A Brescia si celebravano i fasti a Nettuno, che è ben documentato anche presso il Garda; ma si tratta solo un dio celtico, in veste romana; il Benaco ci dà anche l’opportunità per ricordare la poesia di Catullo e l’amore, quasi religioso, di Virgilio per la natura. Non è stato facile chiarire il multiforme culto gallico alle Matrone: i Cenomani, quasi per nascondere l’identità celtica, le chiamavano Giunoni, anche se nulla avevano in comune con la moglie di Giove.
Il Tesoro di Manerbio ha sollevato interessanti ipotesi: abbiamo approfondito la più convincente. Col tempo, i numi che dapprima venivano ricordati nelle sacre radure dei boschi ebbero santuari e perfino templi: famoso quello a Mefite. Presso il Po, i sacri siti ricordano i difficili rapporti tra i Cenomani e altri Celti: Insubri e Boi. In quei secoli andavano definendosi le nazioni che hanno portato alle attuali regioni nord-occidentali. Un’evoluzione, lenta ma continua, ha raffinato lo spirito religioso, che è alla radice della nostra cultura.