Il libro esplora la mostra Vu cumprà. Siamo tutti clandestini dell’artista Luigi Dellatorre, che affronta la questione delle divisioni nazionali e delle problematiche che queste generano. Dellatorre evidenzia la nostra condivisione come unica famiglia umana, sottolineando che la nazionalità non dovrebbe dividere. Attraverso la metafora del Cucire il mondo, invita a considerare la Terra come un vasto tessuto di umanità interconnessa, in cui ognuno è alla ricerca di un’identità e di un senso di appartenenza. Il termine “Vu cumprà”, solitamente utilizzato come dispregiativo nei confronti dei venditori ambulanti, viene reinterpretato per rivelare la dignità di chi lotta per una vita migliore. La mostra ci ricorda l’importanza di celebrare le differenze come fonte di arricchimento e di costruire nuove relazioni umane. Dellatorre utilizza tecnologie moderne per rendere visibili le connessioni tra le persone, simboleggiando queste relazioni attraverso le sue opere. Concludendo, il messaggio centrale è che condividiamo tutti la stessa condizione umana e dobbiamo lavorare per una maggiore unità.
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Il libro presenta la mostra Vu cumprà. Siamo tutti clandestini dell’artista Luigi Dellatorre, che affronta le complessità e le sfide derivanti dalle divisioni nazionali e culturali. In un mondo in cui le barriere tra gli esseri umani sono spesso fonte di conflitto e discriminazione, Dellatorre si distingue per la sua particolare sensibilità verso le problematiche che queste divisioni generano. Attraverso le sue opere, ci invita a riflettere su una visione dell’umanità che trascende i confini nazionali e culturali, richiamando l’attenzione sulla nostra appartenenza a un’unica famiglia umana, caratterizzata da aspirazioni e fragilità comuni.
Il titolo della mostra, Vu cumprà. Siamo tutti clandestini, è carico di significato. Il termine “Vu cumprà”, comunemente usato in modo dispregiativo per riferirsi ai venditori ambulanti, diventa qui una sorta di simbolo delle sfide universali che affrontano molti individui nel mondo contemporaneo. Questi venditori, spesso percepiti solamente come stranieri o immigrati, non sono solo commercianti: sono padri, madri e figli che cercano dignità e un futuro migliore. Dellatorre, attraverso la sua arte, reinterpreta questo termine, liberandolo dalle connotazioni negative e portando alla luce la vera essenza di chi vive ai margini della società, rivelando così una profonda umanità e una ricerca di appartenenza.
In questo contesto, il messaggio centrale dell’opera è che ognuno di noi, in un modo o nell’altro, è un “clandestino” alla ricerca di una casa, di un’identità e di un senso di appartenenza. Questo senso di clandestinità non si limita ai confini fisici, ma si estende anche a quelli culturali e psicologici, invitando a una riflessione più profonda su come le nostre differenze, che siano di genere, etnia o classe sociale, dovrebbero essere celebrate come fonti di arricchimento piuttosto che di divisione.
Dellatorre si ricollega all’articolo 3 della Costituzione Italiana, il quale afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Attraverso la sua arte, ci ricorda l’importanza di riconoscere e rispettare le differenze, promuovendo un ambiente di accettazione e inclusione. Questa riflessione si fa ancora più pertinente in un’epoca in cui le tecnologie moderne ci permettono di esplorare ogni angolo del pianeta. Oggi, con i nuovi strumenti satellitari, possiamo conoscere le aree più remote, ma ciò che spesso manca è la comprensione dei legami umani che uniscono le persone al di là dei confini.