La copertina del sesto numero de “La coda del drago” è dedicata a un tema che da sempre affascina l’umanità: la velocità. Per secoli lo sviluppo tecnico ha permesso, in ogni campo, di potenziare la velocità umana (invenzione della ruota, allevamento di cavalli da corsa, tecnologia di trasporto tramite carrozze, navi, treni, aerei). Velocità, dunque, come mito del nostro tempo, dispiegato in forme di creatività attraverso punti di vista differenti, ognuno con il suo specifico, ma tutti insieme a formare un mosaico ampio e sfaccettato. Anche fotografie, video, opere d’arte, automobili, design, possono concorrere a dare la sensazione di cosa sia la velocità senza per questo perdere la propria funzione estetica e poetica.
Il tema è stato al centro di un evento dal titolo “No’hma in cammino” inserito nel programma ufficiale del Giubileo 2025 e che ha coinvolto 21 tra le più importanti abbazie europee a cominciare dall’Abbazia di Canterbury. La tappa di San Benedetto al Polirone (Mantova) ha visto protagonisti alla Madonna della Vittoria, nel capoluogo, personaggi che conoscono i segreti della velocità intesa a largo raggio, da Bruno Giacomelli a Roberto Boninsegna fino al bobbista Onorio Marocchi, al ciclista Learco Guerra jr. e agli atleti Giovanni Grazioli, Diego Marani, Simona Parmiggiani e Federico Biancoli.
All’interno, per la letteratura sportiva, i contributi straordinari di Darwin Pastorin, Ferdinando Albertazzi, Sandro Veronesi, Andrea Maietti e del condirettore de “La coda del drago” Alberto Brambilla. Da segnalare un’intervista a Furio Zara curata da Piero Faltoni per la rubrica “I draghi della scrittura di sport” corredata da un articolo storico dello stesso Zara sul rigore sbagliato da Baggio a Pasadena nel Mondiale 94. Spazio d’obbligo al ritorno di Billy Mills alla Cinque Mulini, propiziato proprio da un articolo della nostra rivista, e al Mondiale di calcio dei trapiantati promosso dall’AIcS. Infine, gli articoli della “linea verde”, i ragazzi dell’Università e dei Licei sportivi: Agnese Battistelli, Alex Bertolotto e Caterina Venturini.
ANTEPRIMA SFOGLIABILE
Cogliere l’attimo fuggente; è il tema trattato nell’editoriale del sesto numero de “La coda del drago” dedicato al confronto tra velocità e lentezza. “L’uomo più veloce, l’animale più lento- Nuvolari e la tartaruga nel mondo di oggi”: un titolo suggestivo per un evento inserito nel programma ufficiale del Giubileo 2025 e che soltanto in una città speciale avrebbe potuto trovare adeguata realizzazione. Parliamo di Mantova naturalmente, la città di Tazio Nuvolari, Learco Guerra e Roberto Boninsegna ma anche di tanti altri miti legati in qualche modo alla velocità: il ciclista Francesco Verri, tre medaglie d’oro alle Olimpiadi di Atene1906, il portiere William “Carburo” Negri, che volava tra i pali, il fuoriclasse della sciabola Gastone Darè, dai riflessi in automatico, lo sprinter olimpico Mario Colarossi fino a Mario Manfredi, la “frusta d’oro” del trotto.
Una parola chiave, la velocità, che l’associazione culturale “No’hma in cammino” ha abbinato idealmente a Mantova ritenendola rappresentativa dello spirito della città per un evento carico di suggestione realizzato il 25 luglio scorso in collaborazione con il Panathlon Mantova Tazio Nuvolari e Learco Guerra e la Scuderia Nuvolari Italia. Tra i personaggi sportivi intervenuti al convegno di “No’hma in cammino” una citazione d’obbligo spetta al pilota Bruno Giacomelli. Una carriera, la sua, legata soprattutto all’Alfa Romeo in tutte le categorie automobilistiche con un top rappresentato dal titolo europeo di Formula 2 e da 82 presenze in Formula Uno con un podio e una pole position. Il tutto con una lucidità invidiabile sia al momento di porsi gli obiettivi da inseguire che al momento di verificarli nel vivo della fase agonistica. Giampaolo Benedini, responsabile delle relazioni esterne della Scuderia Nuvolari Italia, ha chiesto a Giacomelli fino a che punto può risultare determinante, nelle gare di Formula Uno, il contributo dell’adrenalina, che migliora come sappiamo la reattività dell’organismo di fronte a situazioni di stress. La risposta di Giacomelli ha evidenziato un particolare che al profano tende a sfuggire: l’abitudine a mettersi in discussione, e pigiare al massimo sull’acceleratore, rende meno efficace il contributo di una sostanza che viene prodotta soltanto in stato di necessità, quando un pericolo compare all’improvviso. Giacomelli si è messo alle spalle una carriera prestigiosa (un titolo europeo di Formula 2 con tutte vittorie ad accezione di una sola prova e ben 82 Gran Premi in Formula 1) ma ha conservato ancora oggi un’umiltà, e un aplomb, che gli fanno onore. Il suo rapporto con la velocità? «Coraggio, certo, ma anche una briciola di incoscienza. In gara bisogna ragionare in tempo reale, la velocità arriva di conseguenza».
Accanto a Giacomelli sono intervenuti protagonisti che hanno legato in qualche modo il proprio nome all’idea della velocità intesa anche come percezione “spazio-tempo”: così Roberto Boninsegna, un mito del nostro calcio, il prototipo ancora oggi del centravanti dal carattere guerriero, senza macchia e senza paura. “Bonimba” ha raccontato in dettaglio il gol che all’”Azteca”, nella finale del campionato del mondo di Mexico 70, aveva rischiato con dodici anni di anticipo, di “far piangere il Brasile”. «Quando penso a quella partita e alle scelte di Valcareggi ‒ ha detto ‒ ho sempre mille motivi di rammarico perché l’Italia non era affatto inferiore, prova ne sia che a 20 minuti dalla fine eravamo ancora in parità. Se parliamo di “lettura della situazione”, quel particolare che ti consente di battere l’avversario in velocità, avevo notato che i difensori brasiliani, fedeli alla propria scuola calcistica, tendevano a lavorare il pallone, come si suole dire, prima di passarlo ai compagni. Non rinviavano mai a casaccio, insomma., E allora diventava essenziale saper “cogliere l’attimo” per rubare il tempo all’avversario. Così ho fatto: il resto, compreso il salto cui ho costretto Gigi Riva perché non interrompesse la mia corsa, è arrivato di conseguenza. Il timing, la lettura del rapporto spazio-tempo, è stato anche in quell’occasione essenziale».
Learco Guerra jr., ciclista azzurro nel tandem e nipote della “Locomotiva umana”, aveva nel DNA gli elementi essenziali che lo hanno spinto a salire in sella a una bicicletta. Da un lato un nonno leggendario, la “Locomotiva umana” vincitore di un Mondiale, di un Giro d’Italia e di una lunga serie di classiche, dall’altro un padre, Gino, a sua volta pistard di valore, presente nel tandem alle Olimpiadi di Londra 48. Learco jr. le Olimpiadi le ha soltanto sfiorate (è accaduto a Monaco 72) ma ha conservato una passione sviscerata per l’attività su pista con un rammarico: l’abbattimento per ragioni…calcistiche del velodromo all’interno dello Stadio Martelli di Mantova, intitolato guarda caso proprio a suo nonno.
All’interno la penna “breriana” di Andrea Maietti ha raccontato una storia quasi magica riemersa a Castellania a proposito di un incontro propiziato nel febbraio 1954 da Bepi Cipriani all’Harry’s Bar tra Ernest Hemingway e Fausto Coppi, accompagnato per l’occasione da Ilaria Occhini (era l’inizio della loro relazione). Il grande scrittore avrebbe voluto onorare Coppi di una biografia ma il Campionissimo aveva già in tasca le bozze del libro firmato da Gianni Brera e a una prima lettura fu proprio “Hem” a complimentarsi per la presenza di uno stile inimitabile.
In punta di nostalgia l’articolo di Alberto Brambilla dal titolo emblematico: “Ridateci le jene e le belle gioie”. Il riferimento a Giovanni Arpino e al suo “Azzurro tenebra” è implicito, ma c’è anche, sempre a firma di Brambilla, il commento alla retrocessione de “La noia” di Moravia nella serie C dei libri italiani di letteratura (la scelta è di Luciani Bianciardi).
Piero Faltoni ha inaugurato la rubrica su “I draghi della letteratura sportiva” con una lunga intervista a Furio Zara, opinionista principe de La Domenica Sportiva. Lo stesso Furio Zara ha scelto di pubblicare l’articolo che meglio lo rappresenta: il racconto del rigore che Roberto Baggio sbagliò a Pasadena nella finale del Mondiale 94 contro il Brasile.
Ampio spazio è stato dedicato al ritorno di Billy Mills alla Cinque Mulini a 59 anni di distanza dal successo nel cross più importante del mondo, un ritorno propiziato proprio da un articolo apparso nel numero 3 della nostra rivista. Rimanendo in tema di atletica leggera ecco un personaggio storico come Bob Beamon, il “quasi novemetrista” delle Olimpiadi di Città del Messico, qui però nelle vesti inedite di batterista jazz.
Tonino Raffa ha ricordato con commozione il “principe” dei radio-telecronisti sportivi, Nando Martellini, a trent’anni dalla scomparsa. Nello stesso numero ecco altro spazio ai grandi protagonisti del microfono: Darwin Pastorin ha recensito un bel libro di Paolo Balbi sull’indimenticabile Nicolò Carosio mentre di Stefano Bizzotto è stato ricordato il volume “La storia del mondo in 12 partite di calcio”, scritto con uno stile che aveva suscitato l’interesse e gli apprezzamenti di Gianni Mura. Non mancano altre recensioni degne di nota, da “A futura memoria” di Massimiliano Castellani e Adam Smulevich”, a “Dieci ferite” di Lorenzo Fabiano a firma di un gran de protagonista della letteratura di oggi: Sandro Veronesi.
La parentesi italiana di Nandor Hidegkuti sulle panchine del Mantova e della Fiorentina vene raccontata da Adalberto Scemma. Il centravanti della Grande Ungheria viene citato come l’anticipatore del “falso nueve” enfatizzato da Guardiola.
Nereo Rocco calamita l’attenzione dei lettori più datati con una storia personale che lo ha visto partire da Trieste per conquistare passo dopo passo lo scudetto, la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale mentre rimanendo nel calcio sono da segnalare il ricordo di Karl Heinz Schnellinger a firma di Piero Faltoni e la cronaca dell’escalation del Monza tra Galliani e Palladino a cura di Adriano Ancona, firma di riferimento del Corriere dello sport-Stadio.
Spazio anche all’AIcS con il Mondiale di calcio dei trapiantati e focus su un “progetto podcast” che ha visto atleti di livello nazionale confrontarsi in carcere con i detenuti su temi di sport. Anche nel sesto numero, come già in occasione del precedente, è stato dato spazio al pugilato con il racconto delle straordinarie imprese di Duilio Loi, campione di stile e di etica sia sul ring che nella vita, anche attraverso il ricordo di una mostra storica di fotografie del grande Vito Liverani. Ma accanto a Loi ecco la storia dolorosa di Johann Trollmann, il pugile di etnia scinti massacrato dai nazisti che non ha mai inteso, tuttavia, rinunciare alla propria dignità di uomo. A raccontarla è Agnese Battistelli, studentessa di medicina, che con Caterina Venturini e Alex Bertolotto compone il trio della “linea verde”, i ragazzi scelti per fare compagnia in redazione alle grandi firme del giornalismo e della letteratura sportiva.