Il libro esplora la mostra RE GENESIS 6 - Il giardino delle delizie di Marco Bertin e Gabriele Rodriquez, due artisti che affrontano temi profondi legati alla società contemporanea, all’identità e alla condizione umana.
Bertin si concentra sul consumismo, riflettendo su come l’economia moderna, ossessionata dal profitto e dalla crescita infinita, abbia trasformato le persone, spingendole a identificarsi con ciò che possiedono. L’artista denuncia la perdita di valori spirituali e il progressivo distacco dalla vera essenza dell’essere umano, schiacciato dal peso del consumismo e del marketing. Le sue opere invitano a una riflessione critica sulla società e sulla ricerca di autenticità.
Rodriquez, invece, esplora il tema della trasformazione dell’essere umano attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale. Le sue opere indagano la relazione tra corpo, spirito e tecnologia, rappresentando la caducità dell’esistenza e la complessità delle emozioni umane. Utilizzando l’AI, Rodriquez riesce a creare immagini che trascendono la fisicità, cercando di catturare l’essenza invisibile della vita e dell’identità.
ANTEPRIMA SFOGLIABILE
Il libro si addentra nelle opere di due artisti contemporanei in mostra al Museo diocesano di Vicenza: Marco Bertin e Gabriele Rodriquez. Esplorando temi fondamentali per la comprensione della condizione umana nella società moderna, entrambi utilizzano linguaggi artistici diversi per esprimere una riflessione critica sull’identità, il consumismo e la trasformazione dell’essere umano, ma condividono la capacità di stimolare nel pubblico un interrogativo profondo: che cosa significa essere umani in un’epoca dominata da logiche economiche e tecnologiche?
Marco Bertin concentra la sua ricerca artistica sull’impatto del consumismo e del marketing sulle identità personali. Le sue opere mettono in evidenza come l’economia moderna, ossessionata dal profitto e dalla crescita infinita, abbia progressivamente trasformato il modo in cui le persone concepiscono sé stesse. Il progetto centrale che rappresenta questa visione è quello del manichino Eva (2021), che ogni giorno per cinque anni è stato vestito con abiti diversi, presi da un negozio di seconda mano e ogni volta fotografato. Questa continua mutazione di identità è una chiara metafora della società contemporanea, dove l’essere umano è ridotto a un oggetto, una figura vuota e priva di volontà, definita soltanto da ciò che indossa e consuma.
Le sue opere vogliono essere un monito contro questo sistema che ha progressivamente divorato i valori tradizionali, come la spiritualità e l’autenticità, per sostituirli con l’illusione che l’accumulo di beni materiali possa dare senso e significato alla vita.
Gabriele Rodriquez, d’altra parte, affronta un tema altrettanto complesso, ma lo fa attraverso un linguaggio artistico diverso, esplorando la relazione tra corpo, tecnologia e spirito. Rodriquez utilizza l’intelligenza artificiale come strumento creativo per rappresentare la trasformazione del corpo umano e dell’identità in un’epoca in cui il progresso tecnologico ridefinisce continuamente i confini dell’esistenza. L’intelligenza artificiale non è qui solo un mezzo tecnico, ma diventa un vero e proprio interlocutore, con cui l’artista dialoga per esplorare la caducità e la fragilità della vita umana.
Le opere di Rodriquez, con le loro figure antropomorfe appena accennate e dai tratti evanescenti, evocano un’umanità in continuo movimento, sospesa tra la materialità e l’astrazione. Il corpo, nelle sue creazioni, perde la sua fisicità per trasformarsi in un veicolo di emozioni e sentimenti. Le figure sembrano galleggiare tra il visibile e l’invisibile, suggerendo che la vera essenza dell’essere umano risieda non tanto nella sua fisicità tangibile, ma nell’energia vitale che lo anima, nelle emozioni che ne definiscono l’esistenza.
Rodriquez invita così lo spettatore a riflettere sulla natura del corpo umano e sul suo rapporto con il tempo e la tecnologia. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale si avvicina sempre di più alla capacità umana di creare e interpretare il mondo, l’artista solleva domande cruciali sul destino dell’uomo: fino a che punto possiamo spingerci nella trasformazione del nostro corpo e della nostra identità? Che cosa rimane dell’essere umano quando la tecnologia diventa uno specchio che ci rimanda un’immagine distorta di noi stessi?
La relazione tra uomo e macchina, in questo contesto, non è solo una riflessione tecnologica, ma diventa una questione esistenziale. L’arte di Rodriquez esprime questa tensione, mostrando come l’identità umana sia in costante evoluzione, sempre in bilico tra la necessità di adattarsi ai nuovi modelli tecnologici e la ricerca di una connessione più profonda con la propria interiorità. I suoi corpi stilizzati, quasi privi di peso, sembrano cercare un significato oltre la superficie, invitando lo spettatore a un dialogo silenzioso con la propria essenza più intima.
Sia Bertin che Rodriquez esplorano, ognuno a modo suo, la crisi dell’identità nella società contemporanea. Da un lato, Bertin denuncia gli effetti alienanti del consumismo, invitandoci a riflettere sul vuoto esistenziale generato dall’ossessione per il possesso e il consumo. Dall’altro, Rodriquez ci accompagna in un viaggio attraverso la trasformazione del corpo e dell’anima, in un mondo sempre più influenzato dalla tecnologia. Entrambi gli artisti sollevano domande fondamentali sul significato della vita e dell’identità, invitandoci a riscoprire ciò che ci rende veramente umani, al di là delle apparenze e dei modelli imposti dalla società.