Spazio d'Autore: Intervista ad Alice Zanivan
By Edizioni ZEROTRE
Fumetti e graphic novels
Chi è Alice Zanivan?
Nella vita comune sono una donna assolutamente normale. Lavoro come impiegata in un’azienda del vicentino, ho una normale routine e una famiglia di cui prendermi cura.
Tuttavia, ho sempre avuto questa sorta di fuoco ribollente, dentro di me, che per anni ha premuto per uscire e che ho sempre represso per timore di quello che sarebbe potuto venir fuori.
La verità è che ho sempre avuto il sogno di diventare una fumettista, ma il non aver avuto un’istruzione artistica mi ha sempre frenata. Mi sentivo in difetto e non all’altezza, finché non mi sono decisa che era giunto il momento di approfondire questa passione che ho per il disegno e, tre anni fa, ho deciso di iscrivermi a un corso serale di fumetto e illustrazione. Lì mi sono resa conto che mi ero costruita addosso una gabbia di incertezze assolutamente insensata. So che può suonare un discorso arrogante, e di questo mi scuso, ma grazie agli insegnanti che mi hanno seguita – e che tutt’ora mi seguono – ho capito di avere delle capacità. Ho capito di avere un dono e che lo stavo bellamente sprecando. Mi sono dunque promessa che non l’avrei mai più accantonato. Ho imboccato questo sentiero, un po’ per caso, e mi sono decisa a seguirlo fino in fondo per vedere fin dove posso arrivare.
Ivar è il giovane vichingo protagonista del suo libro. Ce lo presenta?
Ivar è un ragazzino di circa quattordici anni, cresciuto in un villaggio situato sulla costa meridionale della Norvegia.
Dal punto di vista fisico è di altezza media, decisamente asciutto, con capelli rossi lunghi alle spalle, di carnagione pallida e lentigginosa e gli occhi verde bosco.
Caratterialmente è un po’ timido, insicuro e tendenzialmente pessimista. Il suo istinto lo porta a ritenersi inadeguato e non in grado di affrontare le situazioni che gli si parano davanti.
Non ama particolarmente combattere anche se poi all’atto pratico nel corso della storia si dimostrerà abile a usare le armi e un ottimo cacciatore. Sostanzialmente ha tutte le capacità per essere un vichingo degno di questo nome... ma appunto, non si sente all’altezza.
Quello che vi ho appena detto vi ricorda qualcosa? Ebbene sì, senza girarci intorno, Ivar è sostanzialmente il mio alter-ego. Abbiamo entrambi questa autoconvinzione di non essere all’altezza della situazione ed è l’ostacolo più grosso che entrambi dobbiamo affrontare e abbattere.
Un personaggio atipico come vichingo, poco incline alla violenza e alla battaglia per conquista. Ivar però nel corso della storia maturerà e diventerà un guerriero, giusto?
Ivar diventerà un guerriero, ma soprattutto si trasformerà in un uomo pienamente consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti.
La storia è prima di tutto un racconto di formazione. Il protagonista si trova a vivere delle situazioni estremamente difficili e deve trovare il suo modo di uscirne. All’inizio viene prevalentemente aiutato, ma pian piano comincia a prendere autonomamente le proprie scelte e in questo modo finalmente cresce come individuo.
Personalmente trovo un po’ troppo stereotipata quest’idea, che sta dilagando negli ultimi anni, dei Vichinghi come una sorta di razza di superuomini senza nessuna paura e violenti fuor di misura. Da un lato volevo dare a questo popolo una dimensione un po’ più umana, dall’altro devo ammettere che, in realtà, non è stata una cosa proprio ragionata. Ivar per me è nato come un ragazzino pusillanime e non potevo rappresentarlo in modo diverso. E poi, a dirsela qua, se avessi reso Ivar il classico guerriero forte e imbattibile, sarebbe stato come fare una parodia di Ragnar Lothbrok di Vikings o di un Thorfinn di Vinland Saga. Non avrebbe avuto nessun senso e avrebbe cozzato col messaggio che voglio cercare di trasmettere ai miei lettori.
Storia di ispirazione vichinga e cultura scandinava, ma frutto di assoluta sua fantasia.
Questa è una cosa che sto mettendo in chiaro fin da subito su tutti i miei social. Anche all’inizio del volume c’è una nota a riguardo: si tratta di una storia assolutamente di fantasia, una mia personale interpretazione delle saghe e soprattutto della mitologia norrena; è per questo che la storia rientra nel genere epic-fantasy.
Quando ho cominciato a lavorare a questo progetto, non era mio interesse riprendere pari pari i miti che ci sono stati tramandati, altrimenti avrei scelto una delle saghe e mi sarei limitata a tradurla in disegni. Il mio unico interesse era prendere spunto da questo contesto per creare una mia saga personale, con una sua struttura, una sua base culturale e una sua ambientazione.
Elaborare questa storia è stato un processo lungo, parliamo di una decina d’anni. Ho iniziato leggendo tutte le saghe scandinave che trovavo, poi molti saggi di studiosi e archeologi per avere un background anche storico di quel popolo così fiero che erano i Vichinghi.
Mi sono studiata centinaia di foto di rievocazioni storiche fatte in Norvegia per prendere spunto per disegnare i vestiti e le acconciature. Ho letto e riletto i miti e le leggende che sono arrivati fino a noi e nel tempo mi sono resa conto che studiare questi argomenti è davvero difficile, perché le testimonianze archeologiche del periodo vichingo sono davvero poche. Soprattutto per quanto riguarda i testi scritti, si tratta per lo più di trascrizioni fatte secoli dopo la fine della loro epoca e quindi hanno subito una serie di “contaminazioni” – soprattutto cristiane – che ne hanno in parte trasformato il senso originario. Per non parlare poi del fatto che mi è capitato di leggere versioni diverse della stessa saga– anche contraddittorie tra loro.
Non posso poi non parlare dell’ambientazione. Per me l’elemento naturale è fondamentale, al pari di uno dei personaggi principali. Provo un profondo amore per la Scandinavia, e in particolare per la Norvegia, sin dalla prima volta che ci sono stata. Ero una bambina, allora, e questi luoghi così maestosi pieni di foreste, fiordi e montagne mi hanno in qualche modo segnata. Tutt’ora, che sono adulta, concentrarmi e ricordare le mie esperienze in quelle terre mi aiuta a calmarmi quando sono tesa.
Un libro a fumetti, con dei tratti e dei disegni davvero notevoli. È lei autrice di testi e disegni?
Sì, sono l’autrice sia della trama che dei disegni.
Come dicevo prima, ogni aspetto di questo libro è frutto di un intenso studio iniziale della cultura scandinava e della resa dei costumi dell’epoca.
Mi sono inoltre occupata personalmente anche dell’impaginazione grafica del volume.
Devo confessare che è stato un lavoro molto impegnativo per me: ho dovuto imparare da zero le basi della grafica e in certi momenti è stato davvero frustrante. Sono però stata ben consigliata dagli insegnanti che mi seguono in questo progetto e devo dire che sono molto soddisfatta del risultato che sono riuscita a ottenere. Al di là della storia e dei disegni, di cui ovviamente sono fiera, il libro come oggetto fisico è davvero bello: ha una copertina morbida con alette in soft-touch, una lamina metallica a decorare il nome IVAR e una spruzzata di brillantini su tutta la copertina.
La scelta del tipo di copertina è stata dura perché ero molto in dubbio se farla rigida, ma sono felicissima di averla scelta morbida. È davvero piacevole tenere questo libro in mano. E poi adoro questi brillantini che ci sono sulla copertina. Danno al prodotto una luce che mi piace tantissimo. E dire che questo effetto è nato come un errore di stampa. Quando mi è stato detto che era un errore, la prima cosa che ho chiesto è stata di replicarlo perché era davvero troppo bello.
È il volume 1 e si presume ne seguiranno altri per creare una vera e propria saga.
Sì, Østlandet è il primo volume di serie epic-fantasy e, a scanso di possibili equivoci, non è autoconclusivo. La storia va poi avanti idealmente per altri 2 o 3 volumi; ancora non ho deciso. Tuttavia, ho già scritto la trama di tutta la serie e quindi ho già ben chiaro in mente dove voglio andare a parare. Si tratta solo di tradurre in immagini il testo che ho scritto!
Ho già iniziato a lavorare al volume due, che si chiamerà Rogaland.
A tal proposito, vi racconto una curiosità: ho voluto dare un’identità specifica a ogni singolo libro, dandogli il nome della regione norvegese in cui è ambientata la parte della trama raccontata in quello specifico volume. Mi è sembrata una scelta più “affettuosa” rispetto a nominare il singolo libro come “uno, due, tre...”
Quanto tempo c’è voluto per realizzare questo libro?
Questa è una domanda che mi viene posta molto spesso. Ho iniziato a lavorare al libro nella forma che vedete oggi durante il primo lockdown del 2020, quindi ormai più di due anni fa. Tuttavia, devo confessare che quando l’ho cominciato non avevo l’idea di pubblicarlo, non ancora. Per me era un hobby, un mio divertimento personale. Ho preso quella fatidica decisione circa tre mesi dopo averlo iniziato e da quel momento è seguito un periodo di circa quattro/cinque mesi in cui non ho praticamente disegnato nessuna tavola perché volevo concentrarmi esclusivamente sulla stesura della trama, di cui ho fatto una revisione totale. Nel momento in cui la storia era finalmente a posto, mi sono rimboccata le maniche e mi sono messa al lavoro in maniera quasi ossessiva. Non ho esitato a sacrificare la mia vita privata e il mio tempo libero per dedicarmi interamente a questo libro. È stato un processo liberatorio e alienante allo stesso tempo. Ma che soddisfazione arrivare alla fine!
Quindi, per rispondere alla domanda, tralasciando quei mesi di revisione della trama, a disegnarlo ci ho messo all’incirca un anno e mezzo.
La domanda successiva a quella che mi avete fatto anche voi di solito è: “E quando pensi uscirà il secondo?”.
A questo ancora non so dare una risposta. Come accennavo prima, ho già iniziato a lavorare al secondo libro circa tre mesi fa; al momento lo sto abbozzando e sono arrivata all’incirca a metà volume. Mi sento comunque abbastanza tranquilla nel rassicurare i miei lettori: nella stesura di Rogaland penso proprio che sarò più veloce!. Nel corso di questi due anni ho acquisito una tecnica e una sicurezza che assolutamente non avevo quando ho iniziato. Purtroppo però è ancora troppo presto per fare una stima su quando uscirà il volume due.
Come si è trovata a lavorare con Edizioni03 e quanto è stato condiviso e seguito il suo progetto editoriale?
Sono entrata in contatto con Edizioni03 grazie a uno degli insegnanti che mi seguono in questa avventura. Lui collabora con lo staff di questa casa editrice da diverso tempo e, quando ho deciso di tentare questa strada, non ha esitato ad affidarmi a loro. Devo dire che è stata una sorpresa per me scoprire che sono stata in assoluto la prima allieva che ha portato da loro per sviluppare un progetto di questa portata e ne sono davvero orgogliosa.
Enza e Giovanni hanno seguito soprattutto la parte produttiva del volume, nel senso della messa in stampa. Sono stati davvero pazienti con me, perché in quella fase è emersa la mia assoluta inesperienza in questo campo. Approfitto di questo spazio per scusarmi nuovamente con loro per il tempo che gli ho fatto perdere, ma soprattutto per ringraziarli del supporto che mi hanno dato per rendere realtà questo mio sogno.
Il tutto è durato all’incirca quattro mesi. Se non ricordo male, ho presentato il manoscritto a febbraio di quest’anno. Sono seguite poi una serie di modifiche soprattutto testuali; poi ci sono state le prove di stampa, di cui l’ultima è stata fatta a fine maggio. E poi… beh, siamo arrivati qui.
Su un suo profilo Social c’è in bella vista il messaggio di Martin Luther King “cerca di scoprire il disegno chiamato ad essere, e con passione realizzalo nella vita”.
Ricordo bene il momento in cui mi sono imbattuta in questa frase. Mi trovato al PAFF di Pordenone – per chi non lo conosce è un museo dedicato espressamente ai fumetti – ed era esposta proprio all’inizio di una mostra temporanea.
Mi ha colpita tantissimo perché trovarla in quel contesto, in una sala piena zeppa di tavole di fumetti appese alle pareti e io che mi trovavo lì in mezzo... Avevo appena iniziato a frequentare il corso di fumetto e illustrazione; in qualche modo mi è sembrato un segno. È diventato una sorta di mantra per me, e mi sto applicando ogni giorno per realizzare questo grande sogno che ho da tutta la mia vita.
Crede che sia ancora ricercata la “storia a fumetti”?
Credo sia una domanda particolarmente difficile a cui rispondere, perché l’argomento è davvero vasto.
Personalmente sono cresciuta con i fumetti e in particolare coi manga. Ricordo che a scuola tanti miei compagni si confrontavano durante le pause, mostrandosi reciprocamente i fumetti che stavano leggendo in quel momento, o discutendo di questo o quel manga. Molti di loro sono tutt’ora degli appassionati. Quello che voglio dire è che secondo me la ricerca della storia a fumetti è in parte “generazionale”. La mia generazione e quella subito successiva sono ancora legate a questo tipo di comunicazione e lo dimostra l’altissimo numero di blogger appassionati di fumetti che ci sono; tantissimi hanno all’incirca la mia età. Quindi sì, credo che ci sia ancora domanda per questo tipo di prodotto.
Penso però anche che i teenager di oggi forse sono più slegati da questo media perché sono abituati a sistemi di comunicazione molto diversi da quelli che avevamo a disposizione noi: tutto è più “veloce” e immediato. Il fumetto forse è percepito come un media “lento” e quindi – forse – viene visto come meno appetibile. Una valida alternativa si sta rivelando il fenomeno dei webtoon, che io personalmente conosco poco ma vedo che tra i ragazzi è piuttosto diffuso.
La tecnologia continua ad evolversi e quindi di conseguenza anche il mercato dell’editoria (fumetti o romanzi che sia) inevitabilmente cambierà. Con questo non voglio dire che il fumetto prima o poi morirà; sicuramente si evolverà in qualcosa di nuovo che al momento non saprei nemmeno ipotizzare.
Perché dovremmo leggere il suo IVAR?
In qualità di autrice, non sono sicura di poter dare un parere oggettivo: IVAR per me è un pezzo della mia anima e quindi, se qualcuno vuole conoscermi meglio come persona, può capire moltissimo di come sono. Una persona mi ha detto, sfogliando le pagine del libro, che guardando le espressioni e le gestualità di alcuni personaggi vedeva me. Mi riconosceva. È stato bellissimo sentirmelo dire, perché significa che sono riuscita a trasmettere me stessa in queste pagine.
Posso poi dire che tutte le persone che hanno visto i disegni sono rimasti colpiti e impressionati. E non parlo di amici e parenti, che possono non essere obiettivi, ma anche perfetti estranei e persone che non hanno nulla a che fare con me e che non avrebbero motivo di mentire su una cosa simile. E poi c’è la trama, che per me è la cosa più importante. C’è tutto: paura, odio, amore. C’è azione e ci sono momenti di riflessione. Tutto è incentrato sulla ricerca spasmodica di sé stessi e sul tentativo di trovare il proprio posto nel mondo, a costo di arrivare a farsi spazio a gomitate. Trovo che tutti ci siamo trovati in una situazione simile, nei nostri percorsi di vita, e credo sia per questo che IVAR meriti di essere letto.
Salutiamoci invogliando i radioascoltatori ad appassionarsi alle vicende di IVAR il vichingo
Credo di non poter trovare parole migliori se non leggervi il breve testo che ho scritto per il videotrailer di questo libro – e che per inciso trovate sul mio canale Youtube:
“Midgard. Una terra dominata da nebbia e pioggia. Il destino di un giovane vichingo sta per essere stravolto. Costretto a scappare per proteggere un cimelio di famiglia. Con il pericolo che si nasconde dietro ogni albero. Il ragazzo dovrà fare i conti con sé stesso. E imparare a crescere.”
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