Spazio d'Autore: intervista a Renato Castellazzi
By Edizioni ZEROTRE
Letteratura: storia e critica
La Divina Commedia al filò è l’originale pubblicazione di Edizioni ZEROTRE a firma di Renato Castellazzi, autore veronese che ha parafrasato nel suo dialetto l’Opera del Sommo Poeta.
Abbiamo deciso di incontrare il Signor Castellazzi per farci raccontare come è nata l’idea di pubblicare questa singolare stesura della Divina Commedia.
Il mio incontro con Dante, essendo la sua Opera materia di studio, è avvenuto sui banchi di scuola. Molti la consideravano un “inutile fastidio”, al pari del manzoniano I promessi sposi affrontato nel biennio del liceo, ma io sono stato fortunato: il mio professore ha saputo accendere in me la curiosità riguardo a questa e a tante altre opere letterarie. Come spesso succede, a scuola non ho avuto il tempo di dedicarmici nella sua completezza, ma dentro di me è rimasta la voglia di farlo: sapevo che, prima o poi, ne avrei ultimato la lettura. Così è stato. L’ho letta due volte e ho scoperto un particolare che me l’ha fatta apprezzare particolarmente: il complesso e geniale sistema delle rime concatenate (ABA BCB CDC), utilizzato per evitare ai copisti di saltare le righe. Le note a piè di pagina, che superano in lunghezza la Commedia vera e propria, mi sono state di grande ausilio e hanno generato in me il desiderio di scrivere una parafrasi in dialetto veronese per raccontare l’Opera in un modo divertente e più accessibile. Così, l’ho letta per la terza volta. Sono consapevole che il lavoro di Dante sia inarrivabile dal punto di vista letterario, ricco com’è di citazioni storiche e filosofiche: credo, forse sbagliando, che oggi ci siano poche persone capaci di leggerla senza l’ausilio delle note.
Quanto ha influito Dante nel Suo percorso formativo da studioso, da autore e da appassionato di cultura?
Lascerei da parte il termine “studioso” poiché è un aggettivo troppo importante e non mi considero tale. Mi tengo buono l’appellativo di “appassionato di cultura”: amo curiosare, apprendere e approfondire.
Si è documentato su Dante e sulla sua presenza nella città di Verona?
Di Dante a Verona conosco quanto può essere reperito su internet. Non ho fatto studi approfonditi a riguardo: dell’Opera mi è stata sufficiente l’originale, che ho poi parafrasato.
A quanto si può intuire, la città di Verona incide molto nel Suo quotidiano, oltre che nella scrittura: cos’è per lei questa città e come la racconterebbe a chi non ci è mai stato?
Da cofondatore e coautore del gruppo musicale Petols, ho avuto modo di usare moltissimo il dialetto veronese – che, sottinteso, amo moltissimo – per interpretare le canzoni di quei favolosi “mostri sacri” di Liverpool: i Beatles. Riguardo alla mia città, ho pubblicato sul mio canale YouTube Viva sta Verona, un video amatoriale di una canzone del nostro gruppo che racconta Verona, dove “i magna, i beve, dove i canta e i sona”.
Al Suo attivo c’è un’altra pubblicazione: Le nùgole del Ristofane, sempre edito da Edizioni ZEROTRE: Ce la può presentare brevemente?
Tra i molti classici che ho letto, si contano anche le commedie di Aristofane. Quelle che ho apprezzato maggiormente sono Lisistrata, che considero la prima opera hippy al mondo del tipo “Fate l’amore, non fate la guerra”, e Le Rane: quest’ultima è piuttosto difficile da tradurre poiché è basata su un gran numero di citazioni tratte dalle vicende dei protagonisti. Infine, ho letto anche Le nuvole, opera molto divertente e più alla mia portata. Nel titolo ho storpiato il nome di Aristofane pensando a mia madre: quando lei mi diceva che qualcuno mi aveva cercato, non ricordava mai il nome esatto, e così ho pensato che, se mi avesse telefonato Aristofane, lei lo avrebbe chiamato “Ristofane”.
Parliamo di Edizioni ZEROTRE: come l’ha scoperta?
Mi è stata indicata dalla libreria Il Minotauro, in centro Verona, quando ho parlato a una responsabile del mio esperimento letterario su Le nuvole di Aristofane; da lì è iniziato il nostro fortunato sodalizio.
Come si è dimostrato lo staff di Edizioni ZEROTRE nei Suoi confronti, sia a livello professionale sia interpersonale?
I ragazzi dello staff ormai li considero degli amici; sono molto professionali e preparati. Quando ho deciso di pubblicare i miei scritti, ho fatto una ricerca in rete, ma ho trovato solo editori costosi, che chiedevano l’acquisto da parte mia di un numero elevato di copie. Considerato che io scrivo per puro divertimento, ho reputato perfetta la formula proposta da Edizioni ZEROTRE, anche e soprattutto dal punto di vista economico: con loro un libro viene stampato solo dopo che è stato venduto. Con la pubblicazione di Edizioni ZEROTRE, l’autore deve comprare solo la prima copia mentre l’editore si occupa di tutte le vendite online e offline.
L’hanno aiutata nella costruzione del testo e/o nella correzione?
Dato che è scritto in dialetto, mi sono preso la responsabilità di fare le correzioni necessarie, leggendo e rileggendo lo scritto. Loro però si sono occupati di tutta la parte tecnica dei refusi, poiché un occhio esterno vede meglio i dettagli che allo scrittore sfuggono “per assuefazione”, ma si deve considerare che il dialetto è estremamente personale e cambia da individuo a individuo, anche in base al quartiere in cui si vive.
Sempre parlando di Edizioni ZEROTRE, la ritiene una buona Casa Editrice?
Dal mio punto di vista sì, perché risponde pienamente alle mie esigenze. Come ho detto poc’anzi, scrivo per piacer mio; se poi riesco a condividere questa passione anche con altri, sono ancora più soddisfatto e appagato.
Tornando ai Suoi libri, quanto è importante la difesa e la diffusione del dialetto?
Considero il dialetto una lingua “materna”, anche se alcuni lo ritengono un linguaggio antico, da sopprimere. Ricordo ancora quando andavo alle elementari: in quarta il maestro ci fece imparare alcune canzoncine in dialetto, come Il mazzolin di fiori e La villanella. Mi divertii moltissimo a memorizzarle, come fosse un gioco. Eppure, il giorno successivo alcuni bambini presentarono le proteste dei genitori scritte sul diario, con la diffida a non insegnare più il dialetto ai propri figli.
Quanto può aiutare la scrittura, oltre che la lettura, nei tempi del coronavirus, in cui siamo sempre meno disposti a viaggiare e conoscere gente e posti nuovi?
Nell’era del correttore automatico penso che la scrittura possa ancora aiutare la mente a ragionare; la lettura invece può far viaggiare restando a casa. Dico questo come grande appassionato di Salgari, che descrisse il mondo senza muoversi dalla scrivania. Inoltre, grazie ai libri di fantascienza ho potuto visitare il cosmo con l’immaginazione, mentre i testi di veri viaggiatori come Hemingway, Bach e Kerouac mi hanno arricchito anche di vera conoscenza.
Oltre alla scrittura, quali sono gli altri Suoi interessi professionali e hobbistici?
Da pensionato quale sono non ho più interessi professionali, ma restano quelli hobbistici: primo fra tutti è lo studio della musica e di alcuni strumenti, in particolare il sassofono, il violino, il flauto e la chitarra. Mi piacciono molto anche gli sport atletici, rigorosamente individuali e messi in pratica nel quotidiano. Il motociclismo è l'unico che mi appassiona anche in tv.
Ci racconti ancora di Renato Castellazzi, tra particolarità, pregi e difetti.
A questa domanda ho sempre risposto che nessuno è perfetto, e io sono un perfetto “signor nessuno”. Amo molto l’ironia e mi piace osservare la natura: il cielo stellato, il mare in burrasca, la neve, il sole e anche la pioggia, purché non faccia danni e non mi allaghi casa, però. Non ho mai sopportato l’arroganza e la prevaricazione. Porto da sempre avanti il mio principio che bianchi, neri, rossi e gialli siano tutti accomunati dal colore del sangue che scorre nelle loro vene.
Progetti immediati e futuri in ambito editoriale?
Ho una piccola raccolta di racconti onirici e fantastici, in italiano questa volta, che giace da qualche anno nel cassetto in attesa di essere pubblicata, spero ancora con Edizioni ZEROTRE.
Una massima con cui congedarsi?
Molti giovani mi hanno confessato che dopo aver ascoltato le parodie del nostro gruppo musicale Petols si sono sentiti invogliati ad ascoltare i Beatles originali. Vorrei che accadesse lo stesso anche per le mie interpretazioni dialettali, così da avvicinare le persone alla grande letteratura non più solo per obbligo scolastico, ma per passione e curiosità.