Charles Dickens: il vero artefice delle tradizioni natalizie
By Chiara Baroncini
Narrativa straniera
Con l’avvicinarsi del Natale – a discapito della temperatura sempre più gelida – sperimentiamo un’atmosfera calda e accogliente: le luci che illuminano le vie, gli alberi decorati, il profumo di dolci, i camini scoppiettanti, il suono di canzoni allegre e magari qualche spruzzata di neve per far divertire i bambini (e non solo!).

A causa del Coronavirus, quest’anno vivremo le feste natalizie in modo un po’ diverso dal solito e forse avremo un po’ di malinconia nel cuore, ma questo non significa che dobbiamo dimenticarci di celebrare un momento così importante. E quale modo migliore per farlo se non spendendo qualche parola su Charles Dickens, il vero artefice delle tradizioni natalizie?

Dickens (1812-1870) vive nell’Inghilterra vittoriana e riceve una prima forma di istruzione a Chatham nella scuola del figlio di un pastore battista. La sua famiglia è molto povera e nel 1823 si trasferisce a Camden Town, uno dei quartieri più miseri di Londra. Nel 1824 John Dickens, il padre di Charles, finisce in prigione a causa dei troppi debiti contratti e il figlio, a soli dodici anni, è costretto a lavorare presso una fabbrica di scarpe (la Warren’s Blacking Warehouse). I soprusi e le ore spropositate di lavoro segnano nel profondo il piccolo Dickens, che porterà per sempre sulle spalle il peso di questa amara esperienza. Abbandonato dalla famiglia – la madre e le sorelle si sono trasferite, lasciandolo solo – si ritrova a vivere insieme ad altri ragazzini nella struttura di una certa Mrs Roylance, a Camden Town, e successivamente viene affidato a una coppia. La fortuna sembra arridere quando, il 28 maggio 1824, John Dickens esce di prigione e nel marzo dell’anno successivo gli viene assegnata una pensione di invalidità, grazie alla quale può permettere al figlio di studiare. È così che Dickens si iscrive alla Wellington House Academy e diviene un accanito lettore; ben presto, comincerà a scrivere articoli per molti giornali londinesi. L’infanzia difficile, a stretto contatto con i luoghi più miseri e depravati di Londra, e la sua fervida fantasia – che possiede fin da quando è piccolo – gli permettono di scrivere molti romanzi, tutti di grande profondità e fortuna.
I suoi due grandi successi in ambito letterario sono: Le avventure di Oliver Twist (Richard Bentley, 1838) e David Copperfield (Bradbury & Evans, 1850).
Inoltre, nel 1846 fonda il quotidiano Daily News, che tuttavia ha vita breve: nemmeno un anno.
Nel 1870 trova la morte a Gad’s Hill, nel Kent.
Ma perché Charles Dickens viene reputato il “reinventore” del Natale e delle sue tradizioni?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare al 1843, quando Dickens scrive Un appello al popolo inglese per conto dei bambini poveri. Si tratta di un opuscolo in cui l’autore britannico cerca di scuotere le coscienze della popolazione e denuncia le pessime condizioni di vita e di lavoro a cui sono costretti gli operai e le loro famiglie. Come dicevamo prima, l’infanzia in fabbrica e gli sfruttamenti subiti hanno costituito un profondo trauma per Dickens e hanno influenzato in modo ragguardevole anche la sua scrittura.
L’opuscolo, tuttavia, non viene mai pubblicato perché l’autore decide di comunicare i temi in esso trattati in modo completamente diverso e li convoglia all’interno di un racconto: così, il 19 dicembre 1843 esce il Canto di Natale (Chapman & Hall).

Per lo scrittore britannico, i problemi della società possono essere affrontati solo partendo dall’individuo: una rinascita morale del singolo può risanare i mali sociali. Questa sua convinzione la riscontriamo ampiamente nella trama del Canto di Natale: Scrooge, il protagonista, è descritto come un vecchio avaro, burbero ed egoista. Il giorno della Vigilia di Natale si ritrova a fare i conti con tre fantasmi che gli permettono di ripercorrere la sua esistenza: passato, presente e anche futuro. Divenuto spettatore della propria vita, il vecchio si rende conto che il suo egoismo e la sua indifferenza hanno causato – e continuano a farlo – solo tristezza e odio e che l’unico modo per liberarsi dal peso dei suoi peccati è pentirsi e rimediare agli errori commessi. Così, proprio grazie alla redenzione di Scrooge, molti mali vengono sanati.
Nel giro di pochi giorni, la prima ristampa è già esaurita: il Canto di Natale riscuote subito un successo inaudito e infonde nella popolazione un rinnovato spirito natalizio, riportando alla luce alcune tradizione cadute in disuso fino a quel momento.
Si pensi ai cori e ai canti natalizi: al tempo di Dickens sono considerati fuori moda, eppure una delle prime scene del Canto di Natale ritrae Scrooge che inveisce contro un gruppo di cantori. In qualche modo, questa scena riscuote gli animi e contribuisce a riportare in auge la tradizione dimenticata.

Dickens si rende conto prima di molti altri che, spesso, per trattare argomenti delicati e particolarmente profondi non è necessario prodigarsi in saggi politici o filosofici di difficile comprensione: a volte basta un semplice racconto per veicolare i propri pensieri ed esprimere così una moltitudine di significati. Inoltre, non si lascia schiacciare dai traumi del passato e dalle tante miserie che è stato costretto a vivere e a vedere: al contrario, parte proprio dallo sfruttamento subito per risvegliare le coscienze e denunciare le condizioni degli operai nelle fabbriche. Nel farlo, però, non assume un atteggiamento aggressivo né tantomeno lamentoso: grazie alla storia di Scrooge, riesce invece a ricordare alle persone cosa è veramente importante.
Insomma, con le sue parole semplici e speranzose riesce a scaldare il cuore di tutti e, riconoscendolo come il giorno dell’amore e della generosità, restituisce al Natale il suo vero valore. È per questo che possiamo dire che Charles Dickens ha inventato, o per meglio dire, reinventato lo spirito natalizio.
Vogliamo concludere proprio citando le parole poste a esergo del Canto di Natale:
“In questo piccolo libro di spiriti ho cercato di evocare lo spirito di un’idea, che non porterà malumore ai miei lettori né verso se stessi, né l’uno verso l’altro, né verso il periodo dell’anno, e neanche verso di me. Che esso possa visitare con piacevolezza le loro case,
e che nessuno si auguri di esorcizzarlo.
Il loro fedele amico e servitore
Dicembre 1843
C. D.”
Con queste parole nel cuore, Edizioni ZEROTRE augura a tutti voi buone feste e un sereno Natale!