Spazio d'Autore: intervista ad Alfredo Dal Corso
By Edizioni ZEROTRE
Religione e spiritualità
In Nel segno di Maria Madre del Dono, Alfredo Dal Corso racconta, attraverso foto e pensieri, la storia di un’opera d’arte scolpita diversi anni fa su legno di cirmolo. Una lettura avvolgente, lenta e graduale, quasi fosse in grado di riprodurre la dolcezza che si riscontra nello sguardo della Vergine Maria nell’omonima statua Maria Madre del Dono. Abbiamo intervistato il cavalier Alfredo Dal Corso per scoprire di più sulla sua opera e su di lui.
La prima domanda è d’obbligo: come è nato questo libro e perché?
Non ne ho la più pallida idea. O meglio, a ragion veduta, posso dire che questo libro è un frutto dell’anima, e non solo della mia. Il progetto iniziale di creare un reportage della peregrinatio di Maria Madre del Dono è stato superato dagli eventi. Si è trattato di procedere con fiducia lungo un percorso inimmaginabile che mi ha permesso di incontrare moltissime persone “assetate” di spiritualità. Più che una storia passata, questo libro è un racconto che sta per iniziare.
Flavio e Walter Pancheri, scultori di Ortisei, sono gli autori della statua lignea Maria Madre del Dono. Ci può dire qualcosa di più su di loro?
Ho conosciuto Walter Pancheri diverso tempo fa nel suo atelier di Ortisei. É un talentuoso scultore dal quale acquistai per conto della Fondazione Fevoss Santa Toscana Il Crocifisso, la meravigliosa opera artistica assunta come simbolo della nostra missione umanitaria. Sul profilo della croce è adagiata la Sindone che, metaforicamente parlando, raccoglie le sofferenze di cui la Fondazione si fa carico. La scultura in legno di tiglio è imponente nella sua rappresentazione della morte e resurrezione del Cristo. L’opera è esposta presso la Chiesa di San Fermo a Verona. Flavio, defunto molti anni or sono, era il padre di Walter. Morente, ha lasciato al figlio il compito di terminare la scultura Madonna con bambino. Successivamente, la statua ha preso il nome di Maria Madre del Dono.
Franco Larocca è il coautore del libro: ci racconti qualcosa su di lui.
Il professor Franco Larocca è stato docente di Pedagogia Sociale all’Università Cattolica di Milano. È stato poi chiamato dall’Università di Verona per ricoprire la cattedra di Pedagogia Speciale, disciplina che si occupa dei soggetti portatori di handicap. Il professore, ancora negli anni Sessanta, aveva cominciato a chiamare questi individui “diversamente abili”. È molto conosciuto presso gli atenei scaligeri in quanto è stato direttore del dipartimento di Scienze dell’Educazione e delegato dei Rettori per problemi inerenti alla disabilità. La sua fama non si limita a Verona, ma si estende in tutta Italia: ha formato intere generazioni di ricercatori, pedagogisti e insegnanti ed è un attento conoscitore del mondo della disabilità fisica, mentale e sociale. Ha al suo attivo molte pubblicazioni sull’educazione ed è ancora, a ottant’anni passati, direttore di una collana di Pedagogia Speciale presso la Franco Angeli di Milano. La nostra reciproca conoscenza risale agli albori della Fevoss: ho fondato l’associazione il 15 giugno del 1987, anno in cui il professor La Rocca era appena giunto a Verona come cattedratico. Io, in veste di Presidente, ero convinto che fosse necessario formare i volontari della Fevoss e, per farlo, ho pensato a una collaborazione con l’Università degli Studi di Verona. È così che io e il professore ci siamo incontrati per la prima volta. La nostra amicizia si è rafforzata al momento della costituzione del nuovo soggetto giuridico promanato dalla stessa Fevoss: la Fondazione Fevoss Santa Toscana. Ho avuto modo di scoprire le doti spirituali, umane e culturali dell’esimio docente. Sua è la preghiera a Maria Madre del Dono che trovate all’interno del libro. La reputo un inno davvero ispirato.
Nel 2018 la statua lignea ha ricevuto la benedizione di Papa Francesco ed è stata protagonista di un emozionante pellegrinaggio. Definirei le ventitré tappe della peregrinatio come dei veri e propri “soggiorni di speranza”. Ce ne può parlare?
Ho seguito con convinzione la peregrinatio di Maria Madre del Dono. In ogni tappa assistevo a manifestazioni di Fede e grande speranza. Sono molti i momenti commoventi che mi hanno toccato il cuore. Senza alcuna programmazione – era ancora lontana da me l’idea di realizzare il libro – trascrivevo questi attimi sul mio cellulare sotto forma di riflessioni momentanee. Ogni luogo era diverso, ma l’accoglienza e la devozione erano le stesse. La statua calamitava emozioni, preghiere e suppliche. Un’esperienza straordinaria per lo spirito.
È inevitabile a questo punto chiederLe: cos’è per Lei la Fede?
La Fede va alimentata con la Parola e va testimoniata con le opere: non è un’idea, ma uno stile di vita. È un dono che ti permette di andare oltre il razionale; è un affidarsi incondizionatamente a “Qualcuno”.
Fin da piccolo ho avuto testimonianze di Fede, soprattutto da parte della mia numerosa famiglia che, anche quando le cose non andavano troppo bene, non smetteva mai di trasmettermi i valori in cui credeva. Una volta divenuto adulto, ho cercato una Fede granitica per costruirmi uno scudo contro le avversità della vita. Invece, ancora oggi la mia Fede è vacillante e la mia fragilità mi consente solo di affidarmi a Lui: “Fiat voluntas Tua”. Ecco un atto di Fede! Anche il mio libro è il frutto di un atto di fiducia: in primis nella Divina Provvidenza, poi nella generosità degli amici che si sono fatti suoi interpreti.
In un periodo così triste per l’umanità come quello che stiamo vivendo, la Fede può rappresentare una speranza, oltre che un sostegno per l’anima. Chi non trova supporto nella Fede, come può sconfiggere le paure legate alla pandemia?
Il tragico e doloroso periodo che stiamo vivendo mette a dura prova l’intera umanità. Ogni certezza svanisce dinnanzi a una pandemia che non fa sconto a nessuno. Sembra quasi che il cosmo stia cedendo sotto i nostri occhi impauriti. Scienza e Fede possono sostenerci nell’avere più fiducia in un futuro migliore.
La Fede è un fatto profondamente personale – il mio “io” in rapporto intimo con Dio – ma è anche preludio al “noi”. Riconoscendo che i miei fratelli e le mie sorelle sono bisognosi del mio aiuto, come io lo sono del loro, il dono della Fede mi farà più esplicito soccorritore delle paure del prossimo. Credo che ognuno di noi abbia le risorse interiori per far fronte a ogni difficoltà, malattia e morte comprese.
Come risponderebbe se un bambino Le chiedesse il significato della parola “dono”?
Traggo ispirazione dal gesto dolcissimo della Madre nella statua Maria Madre del Dono. Maria rivolge a noi il Bambino Gesù e gli insegna con garbo e discrezione il gesto benedicente. Come a dire: “Ecco, vi dono il mio Gesù”. Ci dona una parte di Sé stessa, della Sua maternità che nel Figlio è divinità. Anche noi dobbiamo farci dono per gli altri. Il dono è un “dare” nella totale gratuità, senza aspettarsi nulla in cambio, e diviene così amore. Ben diverso è regalare qualcosa a qualcuno per dimostrare riconoscenza o per compiacimento. Dono e regalo non sono dunque la stessa cosa. Il primo significa relazione, affetto, reciprocità: implica la sfera dei sentimenti ed è fortemente educativo. Il regalo può invece sottendere una convenienza.
Davanti a una statua sacra ci si raccoglie, il più delle volte, in preghiera. Qual è il modo giusto per pregare, secondo Lei?
Durante il pellegrinaggio ho avuto modo di osservare fedeli di ogni età e cultura pregare davanti a Maria Madre del Dono. Non ho mai registrato atteggiamenti superficiali o di supponenza: tutt’altro. Le espressioni dei volti denunciavano lo stato d’animo degli oranti, la loro sofferenza interiore come la loro gioia. Ho visto tanti volti rigati dalle lacrime. Qualcuno leggeva le preghiere che abbiamo raccolto in un libricino per l’occasione, altri se ne stavano in un silenzioso raccoglimento. Molti mettevano per iscritto pensieri, suppliche e richieste.
Credo che il modo di pregare, al di là degli insegnamenti della dottrina cattolica, sia un fatto talmente intimo che ritengo non ci sia una modalità più giusta di un’altra. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, cerco di fare silenzio dentro e attorno a me per sentirmi avvolto dallo Spirito di Dio; anche se, lo ammetto, non sempre ci riesco.
Sono in programma nuove tappe per la peregrinatio di Maria Madre del Dono?
Sì, la peregrinatio è stata un’esperienza dal profondo significato spirituale e, non appena lo stato pandemico si sarà allentato, la Fondazione Fevoss Santa Toscana si adopererà per permettere alla statua di riprendere il cammino.
Nei luoghi in cui Maria Madre del Dono è stata accolta sono accaduti fatti straordinari, soprattutto nell’intimo delle persone. La bellezza espressiva del volto della Madonna ha colpito molte persone e ora la statua è stata richiesta in diverse città italiane ed estere.
Come nasce il Suo progetto editoriale? Perché ha deciso di convertire in libro un’esperienza così profonda?
In verità, l’idea originaria era quella di realizzare un album di fotografie per gli archivi della Fondazione atto a documentare la peregrinatio quale progetto avviato e sostanziato dallo storico incontro con Papa Francesco. C’era un’eccezionale quantità di foto da selezionare: scatti di fotografi professionisti e dilettanti. Era un lavoro che richiedeva molta pazienza e non sapevo a chi affidarlo. Nel frattempo, si cominciava a parlare di pandemia e le ordinanze governative si facevano sempre più restrittive.
Dobbiamo tutto all’amico Giuliano Frigo della ditta Prograf di Verona: non si è rannicchiato su sé stesso, né si è lasciato abbattere dal dolore causato dalla pandemia che ha messo in ginocchio la sua azienda grafica. Nella solitudine di quelle stanze aziendali, fino ad allora brulicanti di dipendenti, clienti e fornitori, ha lavorato per conferire un aspetto piacevole al reportage che avevamo costruito.
L’anima del libro scaturisce dunque dalla sofferenza di tante persone. Il vero imprimatur è stato dato dal cuore popolare.
Si ritiene soddisfatto dell’esperienza editoriale intrapresa con Edizioni ZEROTRE?
Certo che sì. Anzi, poiché nel cassetto abbiamo una nuova proposta, sarà mia cura presentarla alla Casa Editrice che mi ha dato fiducia. Sono stato presentato al commerciale di Edizioni ZEROTRE da un amico comune. L’affabilità del mio interlocutore e la sua competenza sono stati un ottimo biglietto da visita. Abbiamo parlato a lungo nel suo studio e ho avuto modo di conoscere i suoi altrettanto capaci collaboratori. Dopo qualche giorno, mi ha comunicato che la Casa Editrice avrebbe lavorato con piacere alla pubblicazione del libro. Ne ero lusingato.
Ci racconti un po’ di Alfredo Dal Corso.
Raccontare sé stessi è compito assai arduo, ma proverò a farlo in terza persona.
Alfredo Dal Corso è un cittadino qualunque che, fin da giovane, ha sempre sentito fortemente di voler aiutare il prossimo più bisognoso. Al di fuori dei suoi compiti familiari e professionali, si è impegnato per il bene comune perché convinto che la responsabilità civile non potrà mai essere un valore delegabile. La cultura cattolica lo ha permeato e diretto nelle sue scelte talvolta in controtendenza. I migliori insegnamenti ricevuti derivano dai poveri e dagli emarginati che ha cercato di servire nel corso della sua personale esperienza. Oggi, nonno felice di cinque meravigliosi nipoti, guarda al suo percorso esistenziale con la serenità di chi ammette che in tante occasioni ha visto la mano della Provvidenza. La Fede, la Speranza e soprattutto l’Amore, doni che lui stesso ha ricevuto, sono i punti cardinali che nella sua vecchiaia vorrebbe ancora poter indicare al prossimo.
Lei è presidente della Fondazione Fevoss Santa Toscana: di cosa si tratta?
La Fondazione Fevoss Santa Toscana è un’istituzione di diritto privato che persegue il bene comune in un’ottica di solidarietà umanitaria, sociale e ambientale. Opera ispirandosi ai valori cristiani ponendo al centro della propria iniziativa la persona nella sua interezza, favorendone l’inclusione sociale, la difesa dei diritti e la partecipazione attiva nel rispetto dei principi costituzionali. Si tratta di una nuova OMI, Organizzazione a Movente Ideale, la cui visione è incentrata sull’economia del dono ed è perseguita da volontari, operatori remunerati e professionisti di vari ambiti, soprattutto quello sociale e sanitario. Nasce dalla trentennale esperienza della Fevoss, Federazione dei Servizi di Volontariato Socio Sanitario: una prestigiosa Onlus di Verona.
Progetti immediati e futuri legati al libro o alla Fondazione?
La peregrinatio di Maria Madre del Dono è uno dei tanti progetti della Fondazione Fevoss Santa Toscana. All’inizio, per avere la possibilità di portare la statua nelle diverse realtà di cura dell’anima e del corpo, ho ordinato allo scultore Pancheri una portantina. È iniziato così un sorprendente pellegrinaggio anche all’interno delle periferie umane.
Il libro ne documenta i primi passi e le immagini contenute in esso sono eloquenti più di ogni mia considerazione o parola: raccontano stupore e meraviglia e parlano di una Fede semplice e popolare che non si è mai sopita nonostante il moderno relativismo. Le tappe hanno significato un cammino dentro il cuore della gente: non conosceremo mai la profondità del solco tracciato.
Durante le conversazioni telefoniche con lo scultore Pancheri agli inizi del progetto, mi sono tornati alla mente alcuni ricordi della mia infanzia. Ad esempio, mi sono ricordato della “Madonna Pellegrina”, una statua così chiamata dal popolo veronese per via del suo spostamento da una parrocchia all’altra; oggi è esposta stabilmente al Tempio Votivo e viene accolta ovunque con grande venerazione. La mia idea, dunque, non è stata proprio così originale.
Siamo ormai alla fine di questa interessantissima chiacchierata. Cosa consiglia a chi desidera approcciarsi alla lettura del Suo libro?
Nel Segno di Maria Madre del Dono si presenta in due parti: la prima, simile a un diario, narra del viaggio della statua, mentre nella seconda, soprattutto negli ultimi capitoli scritti da Franco Larocca, si viene accompagnati con calma alla preghiera, alla meditazione e alla contemplazione. Le parole del professore sono un balsamo per l’anima.
Al lettore consiglierei di non approcciarsi con pregiudizio a questo libro pensando che si tratti di un testo teologico, perché non lo è, né ha la pretesa di illuminare la mente del lettore.
Nel Segno di Maria Madre del Dono può essere un’opportunità per ritrovare la Fede o, come mi ha confidato una persona nel buio della tragedia, può essere “un lampo di luce che testimonia che Dio è presente in ciascuno di noi, Sue creature”.
Si immagini davanti a Maria Madre del Dono e rivolga a Lei una preghiera per l’umanità, così afflitta e impaurita e sempre più restia a entrare in una chiesa per chiedere aiuto a Dio.
Mi rivolgerei a Lei con la stessa invocazione contenuta nel libro:
“Ave Maria, Madre del Dono, Gesù Cristo, nostro Salvatore, grazie. Ogni creatura ti ripete grazie per aver accettato il Dono del Padre e che ora continui a donare a noi, fragili e bisognosi di misericordia. In Cristo, tu Madre, ci ridoni ogni giorno il Tuo Amore e in Lui riscopriamo la bellezza della vita, della salute, delle creature che sulla terra Lo osannano: la luce, l’acqua, l’aria, e la sinfonia del creato. In Lui, grazie al Tuo Dono, l’afflitto trova ristoro, il povero la gioia del conforto, il malato il sollievo alle sue sofferenze, il morente la ricchezza dell’eterno, il peccatore l’infinita misericordia del Padre. Con Cristo, o Madre, viviamo la presenza dello Spirito che anima i nostri pensieri e nostri affetti con le sorelle e i fratelli più bisognosi. Con Lui, il cuore degli uomini aperti alla Fede e alla Speranza gode del Suo Amore come Tu, o Maria, lo godesti il giorno dell’Annuncio, facendoci partecipi dell’infinito Dono del Padre. Rimani con noi e dacci la forza di attenderlo in fedeltà fino al giorno della nostra morte. Anche se feriti e bisognosi di aiuto, lo Spirito ci sproni a compiere tutto per Cristo. Fa’, o Madre, che il Dono che continui a farci sia d’esempio per tutti noi: esempio a ridonare, misto almeno al nostro respiro, i tanti doni che riceviamo dai fratelli in Cristo, con Cristo, per Cristo, carne della tua verginale carne, sangue del tuo sangue, intriso di eterna divinità. Amen”.