Il 25 Marzo è stato Dantedì. Ricordiamo il Sommo Poeta con i titoli di Edizioni ZEROTRE
By Edizioni ZEROTRE
Letteratura: storia e critica
Dante Alighieri: per molti è solo un nome tra i tanti famosi, per altri è il ricordo di un’immagine con un volto dal naso aquilino, per altri ancora è molto di più. Quest'anno ricorre il settecentenario dalla sua morte. Le sue parole, però, sono ancora vive e vicine. Ma in che modo? Come possono le parole di un uomo del Trecento aleggiare ancora nel nostro mondo? Forse, in fondo, le paure non sono cambiate con gli anni, e nemmeno le cause che ci spingono a sorridere.
A confermarlo, esplorando il mondo di Dante nelle sue accezioni più particolari come l’universo del sorriso, sono Laura Schram Pighi e Giovannantonio Forabosco, che con il loro stile un po’ romantico e nostalgico ci trasportano in una visione completamente nuova della Divina Commedia. Anche Renato Castellazzi ci propone un Dante più originale e vicino: grazie alla sua traduzione in dialetto veronese della divina Opera, ci fa immergere in modo del tutto particolare, e intimo, in essa.
Proponiamo qui di seguito due esortazioni alla lettura dell’opera del Sommo Poeta.
Torniamo a Dante
di Laura Schram Pighi e Giovannantonio Forabosco
Ascoltiamo di nuovo la voce di Dante. Oggi abbiamo tutti smarrito la diritta via, abbiamo tutti il cuore impaurito di fronte all'oscurità di un futuro ignoto. Avviciniamoci a un Dante vivo, un uomo tradito da tutti, solo e in esilio e in miseria, accolto dalla gioiosa gioventù di un principe italiano, Cangrande di Verona, che osava aprire le porte della sua città a tutti i dispersi e smarriti del suo tempo, dominato dall'odio e dalla violenza.
Riponiamo i ricordi scolastici lontani, estetizzanti e banali, e immergiamoci nel senso completo e profondo del messaggio dantesco racchiuso tra le pieghe di tutte le sue opere, non solo della Commedia: troveremo la capacità di ridere propria dell’uomo, la meraviglia di tutto il creato, e una lingua per tutti, la solo adatta per un mondo futuro. Perché il futuro bisogna avere il coraggio di immaginarlo e di sognarlo, come solo la poesia del Sommo Vate sa fare.
Ritorniamo dunque a Dante per riprendere con speranza il nostro viaggio.
Dalla Prefazione della Divina Commedia al filò
di Renato Castellazzi
Penso che l’incontro con la Divina Commedia, per la grande maggioranza di coloro che l’hanno almeno sfogliata, sia avvenuto sui banchi di scuola, probabilmente come semplice materia di studio da molti considerata solo una grande sofferenza aggiuntiva. Oggi, alludendo a motivi razziali e di eccessiva violenza del linguaggio, c’è chi ne chiede la cancellazione dai programmi scolastici: sarà forse uno di quei molti?
Io posso dire di aver avuto la fortuna di incontrare il professor Giorgio Nardi: insegnante di lettere e storia ed esperto studioso di Dante, mi istillò la passione per quest’opera che facile non è, altrimenti non si spiegherebbe lo spessore dei volumi che la contengono, che ho calcolato essere almeno cinque volte maggiore rispetto al testo nudo e crudo a motivo delle annotazioni a piè di pagina. L’opera evidenzia quanto fosse vasta la cultura di Dante e mi chiedo se anche tutti i suoi lettori siano altrettanto intellettualmente preparati per comprendere a chi si riferisse o cosa intendesse scrivendo delle semplici citazioni a testi, fatti e personaggi. [...]
Il motivo principale che mi ha spinto a farne una parafrasi, con parole mie e in dialetto veronese, è stato per raccontarla innanzitutto a me stesso. Ho così immaginato di essere un maestro inviato nella campagna veronese di cent’anni fa per portare un po’ di cultura ai contadini: invitato a partecipare al filò, raccontavo la Commedia, con un linguaggio semplice, un canto ogni sera per arrivare a coprire i tre mesi invernali. Veniva chiamato filò il raduno che le famiglie contadine facevano nella stalla, durante le fredde sere invernali, per riscaldarsi col tepore degli animali: lì si raccontavano fiabe ai bambini, storie vere o inventate, mentre le donne rammendavano e gli uomini facevano lavori di manutenzione agli attrezzi o intrecciavano i cesti.
[...] Non so dire quale parte della Commedia mi piaccia di più, ma credo che, nell’insieme, sia la descrizione dei peggiori vizi dell’uomo, la cupidigia e l’invidia, che lo rendono ciecamente violento al punto da non rendersi conto «del viver ch’è un correre alla morte».
La visione del mondo che Dante descrive come «L’aiuola che ci fa tanto feroci» mi fa pensare alla fotografia del nostro pianeta ripresa da milioni di chilometri di distanza; trovo, inoltre, il canto sesto del Purgatorio, dal verso 76, di un’attualità disarmante, nonostante i settecento anni trascorsi. Infine, l’incipit del secondo canto del Paradiso sembra scritto per quelli come me, che non possiedo nemmeno «la piccioletta barca».
Dante e l’universo del riso e del sorriso e La Divina Commedia al filò sono disponibili nella libreria di Edizioni ZEROTRE. Clicca sulla relativa copertina in basso.
La panoramica del monumento a Dante e della Piazza dei Signori di Verona in testa e al centro dell'articolo è tratta da Oltre le panoramiche di Stefano Signorini (Verona, Edizioni ZEROTRE, 2019, p. 23).