SPAZIO D’AUTORE: intervista a Adalberto Scemma
By Carola Greco
Sport
Con noi oggi è presente il giornalista sportivo e autore Adalberto Scemma. È stato curatore e co-autore di diversi volumi della collana La Coda del Drago, una serie di libri in cui trovano spazio storie e temi legati allo sport.
Prima di iniziare, si presenti al pubblico.
Data l’anagrafe ho naturalmente un curriculum molto intenso e intersecato: nel corso della mia carriera ho ricoperto un po’ tutti i ruoli del giornalismo (anche sportivo ma non solo) sia scritto che radiofonico e televisivo. Sono stato per molti anni in giro per il mondo come inviato speciale de L’Arena. Ho avuto modo di vivere molte altre esperienze che ora sarebbero troppo lunghe da enumerare, anche perché ho sempre considerato ogni traguardo come un nuovo punto di partenza.
Ormai siamo arrivati al ventesimo volume della collana. Credeva possibile arrivare a questo traguardo in meno di due anni?
L'idea dei numeri (venti sono davvero tanti!) non mi ha mai sfiorato. Ho sempre immaginato un lavoro di qualità e non di quantità. Poi lungo il cammino le due indicazioni hanno finito per coincidere: non c’è un nome, tra gli autori della collana, che non sia meritevole di una menzione speciale.
Ricordiamo ai nostri lettori com’è nata l’idea del nome La Coda del Drago.
Mi ha colpito un’immagine visionaria di Alberto Brambilla, mio collega di letteratura sportiva all’Università di Verona, oggi condirettore del magazine di Edizioni ZEROTRE nato dall’omonima collana. Il nome La Coda del Drago è stato coniato al passaggio del gruppo dei corridori del Giro d’Italia, un gruppo che ti appare all’improvviso come uno sciame d’api e che in curva prende poi la forma di un drago cinese. Quando i campioni ti passano davanti hai l’impressione di vederli ma non ne sei sicuro. Ti rimane, però, l’immagine di un mondo magico in technicolor che appare e scompare. Ciò ti resta proprio impresso nella memoria. È un po’ quello che accade nel corso del tempo al mondo dello sport: tanti nomi in copertina che vanno e vengono, si sovrappongono, spariscono e ricompaiono. Così vogliono essere le storie di sport e di vita de La Coda del Drago. La collana punta proprio a far vivere e rivivere un eterno presente che rimane comunque carico di un elemento primario e imprescindibile: l’emozione.
Il progetto ha coinvolto tre Panathlon Club gemellati, quali sono e perché hanno aderito a questo progetto? Per chi non lo sapesse, può spiegarci cos’è un Panathlon?
Sono tre Panathlon gemellati: il Panathlon Gianni Brera Università di Verona, il Panathlon Mantova Tazio Nuvolari e Learco Guerra e il Panathlon Verona 1954. Si è aggiunto proprio di recente, per partecipare a tante iniziative comuni, anche il Panathlon del Garda. Il Panathlon, per chi non lo sapesse, è un organismo che è membro effettivo del CIO, il Comitato olimpico internazionale, con una delega che riguarda il fair play e la cultura sportiva.
Venti volumi. Da dove è partito il progetto e con chi e perché certe discipline sportive? In poche parole, qual è il metro con cui Lei sceglie argomenti e personaggi?
Il primo volume del progetto ha un titolo particolare: Nel nume del padre, scritto da Massimo Castellani, tuffatore olimpico delle Fiamme Oro e poi comandante operativo del NOCS, le teste di cuoio della polizia, con il figlio Leonardo, attore diplomato al Piccolo Teatro di Milano. Padre e figlio si confrontano in una sorta di dialogo socratico: di qui il titolo emblematico. Mi chiedi come avviene la scelta degli argomenti e dei personaggi. In un solo modo: andando a scovare storie di nicchia che riemergono all’improvviso dai gorghi della memoria. Ho preso in parola Giovanni Arpino e Osvaldo Soriano: dobbiamo essere prima di tutto bracconieri di storie, ma per riuscire a catturarle, queste storie, dobbiamo utilizzare quel sensore molto particolare e inesauribile, che si chiama curiosità.
Quali sono i primi titoli che hanno marcato il successo della collana? È vero che il decollo è arrivato con Superman ha una Graziella?
Il secondo volume, L’Angelo dei Tagliapietra, ha avuto un ottimo riscontro: è la storia di una famiglia di campioni del mezzofondo, si parte da Angelo, un talento naturale straordinario negli anni del secondo Dopoguerra, per poi arrivare ai suoi tre figli Mariano, Mauro e Paolo. Con Superman ha una Graziella è arrivato il salto di qualità rispetto alla diffusione della collana, inoltre c’è stata la scoperta di un grande autore, un “raccontista” come lo chiamo io. Mimmo Ciaccia è stato in grado di trasformare in personaggi da leggenda una banda di centauri di Carovigno, provincia di Brindisi, centauri che sono ormai un tutt’uno tra corpo umano e ruote della bicicletta.
È anche dalla collaborazione tra diverse generazioni che è nato l’intero progetto della collana. Lei ha curato il tredicesimo volume intitolato Podcast Revolution al Liceo Belfiore, un’idea che ha visto come protagonisti i ragazzi del Liceo Scientifico a indirizzo sportivo Belfiore di Mantova. Com’è stato far parte di questo progetto? Come hanno vissuto questa esperienza gli studenti coinvolti? Che contributo possono dare i giovani alla letteratura sportiva?
È stata un’esperienza innovativa. I giovani oggi non leggono più, purtroppo, ne ho avuto la conferma sia all’Università di Verona che al Liceo Belfiore in occasione di un progetto triennale del ministero dell’Istruzione sulla letteratura sportiva. E allora ho sperimentato attraverso nuovi stimoli, per esempio ho insegnato a leggere con le orecchie coinvolgendo i ragazzi nella realizzazione dei podcast. Scrivere per farsi ascoltare è diverso da scrivere per farsi leggere, serve un linguaggio più diretto, meno dispersivo, non sono consentiti errori lessicali. La voce, poi, ha un effetto sciamanico, è evocativa, va usata con sapienza e con misura ma qui siamo in presenza di un ritorno a un passato ormai molto lontano, ai cantastorie, ai Carri di Tespi, quando i troubadours (i trovatori) giravano per le corti a raccontare storie agli analfabeti. La novità è sempre un’attrattiva, ma poi ci sono stati anche risultati concreti: la realizzazione di un libro, Podcast Revolution al Liceo Belfiore, che ha vinto il Premio Coni Cultura e Sport, e la presenza di due ragazzi mantovani del Liceo Scientifico, Vittoria Gogna e Francesco Rigatelli, al primo e al terzo posto nel premio di letteratura sportiva Città di Verona. Il secondo posto lo ha guadagnato Giuliana Beretta, una ragazza trentina di Scienze motorie che sta proseguendo l’esperienza come giornalista. Nel complesso è stata una vicenda emozionante per i ragazzi che ha dato la possibilità ai più dotati e volenterosi di essere coinvolti in nuovi progetti.
Il quindicesimo volume è stato dedicato a Gianni Brera a trent’anni dalla sua scomparsa. Lei lo ha definito come il Leopardi della letteratura sportiva. Come lo descriverebbe a chi non lo conosce?
Gianni Brera è stato un personaggio unico nella storia della letteratura italiana, non soltanto di quella sportiva. È stato una stella polare, ha inventato un nuovo linguaggio, è l’unico che ha saputo coniugare letteratura e aspetto tecnico. Ha sortito un effetto valanga: dopo di lui la storia della lingua italiana non ha più accolto sollecitazioni così improvvise, entrate così violente. L’attenzione che gli viene riservata adesso nelle Università è la stessa che si deve ai classici. I giovani purtroppo non lo conoscono più, Brera è diventato un illustre carneade così come lo è ormai Gianni Mura. Spero che proprio attraverso le lezioni accademiche e ai libri che abbiamo loro dedicato, sia Brera che Mura vedano assecondato quanto meno il diritto alla memoria.
Lei è anche Direttore Responsabile dell’omonima rivista sportiva di Edizioni ZEROTRE. Può parlarci di questo progetto? Quando è nato e a chi è rivolto?
Anche in questo caso si tratta di un progetto visionario cui ha dato un contributo importante ed essenziale proprio l’editore. Il protagonista principale è il mondo dei giovani. Le grandi firme del giornalismo e della letteratura sportiva vengono affiancate, infatti, in redazione da studenti delle Università e dei Licei. È un progetto innovativo i cui risultati andranno valutati strada facendo ma che ha tutti i presupposti per diventare un volano di creatività e un esempio unico di fiducia nei giovani.
Che tipo di articoli si possono trovare all’interno della rivista? Sono coinvolti i giovani anche in questo progetto?
Gli articoli riguardano l’attualità soltanto di riflesso. Il motivo conduttore è dato dalla scoperta o dalla riscoperta delle storie poco conosciute: nell’ultimo numero si parla di Raf Vallone non soltanto come attore ma anche in veste di calciatore con sette campionati di serie A con la maglia del Torino; nel prossimo numero il protagonista sarà il Premio Nobel Albert Camus che è stato portiere della Nazionale algerina e che ha giocato nella serie A francese. Poi ci sarà Vittorio Gassman: giocatore di basket tra i migliori in assoluto dell’età pionieristica. E tante altre storie che i bracconieri scoveranno strada facendo.
Ha già in mente altri progetti per la collana e per la rivista? Può darci qualche anticipazione sulle prossime pubblicazioni?
Sta proseguendo la presentazione di Scienza e sport con voce solista, il diciannovesimo volume della collana uscito qualche mese fa. È la storia di Rosario Pugliarello, medico, atleta, un personaggio multiforme che valeva la pena di raccontare. Invece, uscirà prossimamente la storia di un giornalista-scrittore con una vita piena di avventure. Parlo di Ma.Cat. al secolo Mario Cattafesta, ricordato qui dal figlio Franco e da Eristeo Banali. Tra i programmi futuri stiamo pensando anche al rugby come sport da privilegiare e da portare a esempio se parliamo di fair play. Poi mi piacerebbe riproporre un personaggio che è ancora oggi un mito del nostro calcio, parlo di Bonimba, ovvero Roberto Boninsegna.
È possibile per nuovi autori partecipare alla collana con un proprio testo? Come possono farlo?
Certo, la collana è aperta a tutti: servono storie, naturalmente, e serve chi le sappia raccontare. L’esempio di Superman ha una Graziella e di Mimmo Ciaccia può fare da traino.
Dirigendoci verso la conclusione dell’intervista, come ha vissuto l’esperienza della pubblicazione con Edizioni ZEROTRE?
Un’esperienza vissuta da subito con grande trasporto e con l’entusiasmo che accompagna da sempre le cose in cui si crede. Non ho mai assecondato un progetto fine a se stesso, ho cercato ogni volta di utilizzare il terzo occhio, quello che ci porta a guardare oltre. Ed è stata proprio questa la chiave che mi ha consentito di coinvolgere tanti straordinari compagni di avventura, molti dei quali sono oggi tra i grandi protagonisti del giornalismo e della letteratura sportiva. Non faccio nomi ma chi ha voglia di scoprirli può trovarli sulle copertine dei libri che La Coda del Drago ha dedicato a Gianni Brera e Gianni Mura, per esempio, o a Gilberto Lonardi. Questi sono tre nomi che appartengono, non a caso, alla storia della nostra letteratura, e non soltanto a quella sportiva.
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